“Perché queste donne stanno ballando da sole?/Perché hanno questa tristezza negli occhi?/Chi sono questi soldati/con la faccia immobile come pietra?
Non posso vedere quel che disprezzano,/stanno ballando con gli scomparsi
stanno ballando coi morti/ballano con gli invisibili/e il loro tormento è indicibile./Stanno ballando coi loro padri/stanno ballando coi loro figli/stanno ballando coi loro mariti/e ballano da sole, ballano da sole” da “They dance sole” di Sting.
Nell’album del 1987, “Nothing Like the sun”, l’artista britannico Sting canta la tristezza di donne che ballano sole con gli scomparsi, coi morti, con gli invisibili. Un’immagine forte e indimenticabile delle Madres de Plaza de Mayo (Madri di Piazza di Maggio) che ne racconta in musica il coraggio, la determinazione, l’isolamento, l’ostracismo subito per anni di fronte a quella protesta che le portava ogni giovedì davanti alla Casa Rosada (Casa Rosata – il palazzo del governo) in Plaza de Mayo a Buenos Aires, a girare attorno all’obelisco al centro della piazza, con le foto dei loro figli scomparsi durante una delle più feroci dittature che l’Argentina abbia vissuto, con i fazzoletti bianchi in testa, divenuti ben presto emblema della loro lotta, in origine il primo pannolino di tela, utilizzato per i loro figli neonati. L’emblema delle Madri di Piazza di Maggio si trova oggi dipinto sulla pavimentazione della celebre piazza di Buenos Aires e in molte altre piazze del paese.
Dal 30 aprile del 1977, data della loro prima apparizione pubblica, sotto la guida di Azucena Villaflor de De Vincenti, la fondatrice del movimento, che venne in seguito arrestata e detenuta in una delle prigioni segrete dell’ESMA a partire dal 10 dicembre 1977, la loro presenza non si è mai attutita.
Ancora oggi queste donne, madri e ora nonne, si ritrovano nella piazza e la percorrono in senso circolare, per circa mezz’ora. Cosa le ha portate fuori dalle loro vite comuni, la maggior parte senza nessun tipo di esperienza politica, a diventare la voce più duratura e efficace contro l’orrore in cui il colpo di stato del 24 marzo 1976, capeggiato dal generale Jorge Rafael Videla (che destituì il governo di Isabel Martinez de Perón, succeduta al marito Juan Domingo Perón), precipitò il Paese? E perché la loro lotta pacifica è continuata anche sotto i governi che si sono succeduti e ancora oggi continua.
La giunta militare, appena preso il potere, sciolse il parlamento, abolì ogni forma di associazionismo e libertà e cominciò a eliminare fisicamente tutti i dissidenti o presunti tali. Nella famosa Notte delle matite, il 16 settembre del 1976 nella città de La Plata, capitale della Provincia di Buenos Aires, furono sequestrati torturati e uccisi addirittura giovanissimi studenti di liceo, la cui unica colpa era quella di aver manifestato a favore di un biglietto di viaggio agevolato per gli studenti, considerato dalla giunta militare un atto di sovversione nella scuola.
Di fronte all’atrocità di tali fatti, queste donne indifese, apparentemente senza strumenti, uscirono per strada a reclamare notizie sui loro cari. Quasi tutti i loro uomini in questa fase iniziale cercarono di fermarle, si chiusero in casa oppressi dal dolore e dalla paura, ma le donne, precipitate dalla casa alla piazza dal loro dolore di madri, diventavano ogni giorno di più e i loro fazzoletti bianchi cominciavano a riempire non solo la Piazza di Maggio e le strade circostanti, ma convocavano altre come loro nelle città del paese dove la dittatura organizzava lo stesso teatro del terrore.
Le cifre di questo massacro sono oggi sotto gli occhi di tutti e ampiamente documentate.
Tra il 1976 e il 1983 si registrano in Argentina 30.000 “desaparecidos”, 340 centri di detenzione, 15.000 fucilati per le strade, 9.000 prigionieri politici, un milione di esiliati. I militari hanno ammesso l’arresto e la scomparsa di circa 9.000 persone ma le madri di Piazza di Maggio affermano che questa stima è di gran lunga inferiore al vero numero, che raggiungerebbe le 30.000 persone scomparse. Dopo la caduta del regime militare, una Commissione Parlamentare nazionale argentina ha ricostruito con prove la sparizione di circa 11.000 persone. Gli altri sono ancora sepolti nel fondo dell’oceano o nelle fosse comuni nascoste nella vastità del territorio argentino.
L’organizzazione delle Madres de Plaza de Mayo è ben determinata nel ricostruire la storia segreta di queste sparizioni ed ha perduto in questa lotta tre delle sue fondatrici, arrestate e scomparse a loro volta.
A tutto questo si aggiunge un’atrocità tutta argentina: le donne in cinta prigioniere vennero fatte partorire nei centri di detenzione clandestina, come la famigerata ESMA (Escuela Mecánica de la Armada – Scuola meccanica dell’Armata, appartenente al corpo della Marina Militare) e i figli sottratti furono affidati a famiglie di militari o civili che ne appoggiavano l’azione e che li crebbero non solo nella totale ignoranza delle loro origini ma in odio alle idee professate dai veri padri, assassinati. Il recupero di questi bambini, oggi adulti, è uno dei compiti dell’Asociación Abuelas (Nonne) de Plaza de Mayo, fondata da Estela Carlotto, che con le prove del DNA ha recuperato molti alla loro reale identità cancellata con la violenza.
La straordinaria capacità di queste madri e nonne, di queste donne messe dal destino in un punto cruciale della loro storia personale e del loro paese, è stata quella di avere il coraggio di sopportare l’emarginazione di una società terrorizzata che fingeva di ignorare la realtà; e soprattutto di trasformare una dolorosa esperienza personale in una tragedia collettiva, chiamando un intero paese a riconoscerla e a farsene carico.
L’associazionismo è stato ed è la forma in cui queste donne si sono organizzate, al principio nella rivendicazione dei loro figli scomparsi e successivamente in tutto l’ampio campo dei diritti umani, a cominciare dai diritti degli indigeni e delle popolazioni originarie e di chiunque soffra uno stato di malessere sociale o economico all’interno della società civile.
Ogni protesta è stata gestita con forme di lotta assolutamente pacifiche, mai all’insegna della vendetta ma solo del bisogno di verità e giustizia, il cui compito si demanda allo stato democratico.
Nel 1986 l’Associazione delle madri si è divisa in Asociación Madres de Plaza de Mayo, capeggiata da Hebe de Bonafini e in Madres de Plaza de Mayo- Linea Fundadora, di cui fa parte Estela Carloto, a causa di divergenze circa l’indennizzo economico per la perdita dei figli proposto alle madri dal governo del presidente radicale Raúl Alfonsín, il quale promulgò inoltre due leggi, quella di Obediencia debida (Obbedienza dovuta) e quella di Punto Final (Punto finale, ossia estinzione dell’azione penale contro i militari golpisti), nel maldestro tentativo di riportare il paese dentro un processo di democratizzazione e di pace civile, sollevando però da ogni responsabilità, con la paralisi dei processi, gli autori di crimini contro l’umanità nella cosiddetta “guerra sporca” dal 1976 al 1983. Alcune delle madri, allora in forte difficoltà economica accettarono l’indennizzo, molte rifiutarono ma nessuna rinunciò mai a continuare la lotta per la verità e la giustizia. Perché, come tutte riconoscono, la vera pacificazione di un paese non passa per l’oblio ma per la conoscenza della verità e per il ristabilimento della fiducia nella giustizia.
Sebbene fino ai primi anni del XXI secolo le madri si siano volutamente tenute lontane dalla politica ufficiale argentina, negli ultimi anni si è verificato un cambiamento di rotta dovuto alla politica fortemente incentrata sulla difesa dei diritti umani adottata dal presidente Néstor Kirchner (in carica del 2003 al 2007), nella quale rientra anche l’ abolizione delle due leggi volute da Alfonsín: di conseguenza si rimisero in moto i processi contro i criminali della dittatura e si sostennero le attività legate alle rivendicazioni sui diritti umani e civili delle minoranze. Nel 2015-16 dopo la fine della presidenza Kirchner, si sono avute molte critiche di alcune Madri contro il nuovo presidente Maurizio Macri che sembra voler cancellare la storia più recente e drammatica di questo paese, togliendo persino alle madri molti degli strumenti acquisiti nella loro azione di recupero del passato.
La socializzazione della maternità che queste donne sono state costrette a mettere in atto ha finito per farne parti attive e di conseguenza anche “soggetti politici” in una società complessa, dove l’attivismo riguardo ai diritti umani abbraccia tanti aspetti delle profonde ingiustizie radicate nella storia e nell’oggi di questo paese, che nessuna coscienza umana può ignorare, meno che meno la loro.
Ma le Madri di Piazza di Maggio, queste donne che hanno dedicato la vita alla verità e all’amore incondizionato, ancora camminano in circolo nella piazza, ancora rivendicano la memoria e l’azione, ancora sono fortemente ostinatamente madri, non solo dei figli scomparsi ma di tutti. Non hanno paura del rifiuto, dell’opposizione, della solitudine perché, come dice Sting, ballano con l’”invisibile” che non può essere sconfitto.