Se percorriamo la zona dal basso l’opera mastodontica, sebbene a cielo aperto, non balza subito agli occhi. Non è un caso, in effetti, che il mistero e gli studi da esso derivanti abbiano preso il via intorno agli anni 20. Anni, in cui i primi velivoli sorvolarono la zona.
Nel 1927 un pilota d’aviazione peruviano, durante un volo, notò delle linee lunghe chilometri e chilometri che modellavano forme geometriche ben definite nel terreno e perfettamente identificabili dall’alto (geoglifi). Quello che il pilota stava osservando era un’ opera di circa 13.000 linee che, intersecandosi, plasmavano e plasmano, 800 disegni diversi. Fra questi, anche sagome animali di dimensioni tutt’altro che trascurabili come quella della lucertola che misura circa 180 metri. Grazie all’opera di un archeologo statunitense, Paul Kosok, nel 1939 le linee sono state catalogate in dritte, a spirale e geometriche. Quest’ultima tipologia racchiude in sé le forme umane e animali note ai più. Moltissimi sono gli archeologi e gli studiosi che si sono dedicati all’analisi delle segmentazioni nel terreno, la più accreditata fra questi è sicuramente Maria Reiche che ha dedicato la sua intera vita alla ricerca del senso di quell’opera.
Le numerose ricerche effettuate, però, non hanno consentito di stabilire l’epoca esatta alla quale far risalire la realizzazione delle sagome. Questo, perché gli studi sin qui condotti attraverso l’uso del carbonio 14 si sono rivelati poco adatti. Si è riusciti, tuttavia, a stabilire una macro area di riferimento temporale che coinciderebbe con il periodo di maggiore splendore raggiunto dalla civiltà Nazca (fra il 300 a. C e il 500 d. C.) . Gli studi sono stati condotti analizzando non solo le linee dell’altopiano ma soprattutto le ceramiche ritrovate a Cahuachi, uno dei principali luoghi di culto della civiltà sita ai margini della Pampa. Ma come sono state realizzate le forme tanto complesse? Secondo molti studiosi, la realizzazione dell’opera sarebbe stata molto più semplice di quanto si possa pensare. Secoli fa la valle era composta da rocce contenenti ossido di ferro e da ghiaia.
I Nazca, dunque, dopo aver delineato i bordi delle forme da realizzare si sarebbero impegnati a “spostare” letteralmente pietre e ghiaia, in modo da creare contrasto con la superficie sottostante molto più chiara. Con questa tecnica una forma di media grandezza potrebbe essere stata realizzata in poco più di 48 ore. Si ipotizza che siano stati creati in primis degli schizzi poi riprodotti sul campo tramite una ricostruzione delle misure in scala effettuata attraverso dei reticoli di corde. Fra i più famosi geoglifi ritrovati annoveriamo:
· Il ragno: uno dei primi ad essere scoperti, vanta una lunghezza di 45 metri e si trova a circa 1500 km dall’altopiano. Questa è una figura che tutt’oggi desta molto interesse, pare che si riesca a scorgere addirittura l’apparato riproduttivo dell’ animale visibile in natura solo tramite l’ausilio di un telescopio.
· La scimmia: lunga 135 metri scoperta nel 1954 da Maria Reiche. Secondo la Reiche la scimmia rappresenterebbe la costellazione dell’ Orsa Maggiore.
· L’astronauta: lungo circa 30 metri , chiamato così a causa della rotondità della testa che la rende simile ad un casco. Secondo Maria Reiche rappresenterebbe uno sciamano o un sacerdote.
· Il Colibrì: questa figura vanta una lunghezza di 94 metri e una larghezza di 66. Questi uccelli erano comunemente ritenuti messaggeri divini.
Le teorie sul mistero delle linee di Nazca sono tantissime. Una prima ipotesi, elaborata proprio da Maria Reiche, vorrebbe che le linee rappresentino delle costellazioni, una sorta riproduzione della mappa celeste. Altre teorie, invece, sostengono che le varie figure rappresentino i punti che indicavano le risorse idriche del sottosuolo. L’altopiano, infatti, cela un importante acquedotto risalente ai Nazca ancora oggi usato per l’approvvigionamento idrico. L’ipotesi più accreditata, però, sembrerebbe condurre le linee a un significato simbolico e religioso così come accade per gli Intagli del Nord America. Un antico Google Maps: Uno studio giapponese presentato all’ottantesimo meeting della “Society for American Archeology”, in effetti, pare abbia fatto un po’ di chiarezza sulla questione. Si tratta di tredici mila linee solcate nel terreno per orientare i pellegrini in viaggio verso Cahuachi, il complesso di templi e piramidi oggetto di offerte religiose e sacrifici umani.
Gli studiosi che accreditano questa teoria sostengono che le quattro diverse tipologie di geoglifi si concentrano tutti in prossimità di strade che conducono a Cahuachi. Sempre secondo questi studi, l’opera completa sarebbe il frutto di diverse collaborazioni. Le figure di condor e camelidi lungo il fiume Ingenio sarebbero state elaborate dalle popolazioni dell’Ingenio Valley, diversamente, le figure soprannaturali dagli abitanti della valle di Nazca, mentre tutte le altre immagini sarebbero opera di collaborazione di entrambe le comunità. Non sappiamo se gli studi giapponesi abbiano risolto il mistero di Nazca o meno, molti sono ancora i punti da chiarire, sicuramente, il mistero continuerà a far discutere.