Mercoledì 17 maggio, al museo “Hermann Nitsch” di Napoli, è stato presentato il volume di Sergio Finzi, Le giunture del sogno, edito da Sossella nel 2016. Hanno parlato con l’autore Gabriele Frasca, Bruno Moroncini e Felice Ciro Papparo. Dalla nota editoriale leggiamo che «Sergio Finzi, psicoanalista, in quest’opera fa emergere ciò che di universale c’è nei sogni di ciascuno, la conoscenza pura e le trasformazioni dell’umanità cui ogni sogno contribuisce, senza legare i sogni a un loro sognatore di appartenenza. I sogni di più persone verranno impiegati, narrati, nell’ordine e nella varietà in cui si sono presentati allo psicoanalista».
Di Sergio Finzi sentii parlare nel lontano 1988, a casa di Franco Cavallo, dalle parti di Cuma, un poeta napoletano che è stato uno dei miei mentori. Cavallo dirigeva una importante rivista internazionale di letteratura, «Altri Termini», che, tra le altre cose non disdegnava ospitare scritti di materialismo filosofico e di psicoanalisi. E proprio attraverso un numero della rivista citata, venni a conoscenza della presenza di Sergio Finzi. In particolare, leggendo uno scritto in omaggio a Corrado Costa, Gli altri tre quarti della parola, (in «Altri Termini», n. 3 – IV Serie, agosto 1991, pp. 26-27, dove è pubblicata anche una mia poesia, Von Tamara) della psicoanalista Virginia Finzi Ghisi che, tra l’altro, è la compagna di vita del Nostro, dal titolo…, feci la sua “conoscenza”, più precisamente attraverso l’approfondimento della biografia dell’autrice del saggio, dove si cita che ha fondato con Sergio Finzi, anch’egli psicoanalista di matrice freudiana e marxista, la rivista «Il Piccolo Hans» (Infatti il termine “piccolo Hans” prende il nome di uno dei casi clinici più importanti della storia della psicoanalisi, attribuito a Freud), già citato nello scritto in questione, precisamente il n. 25 del 1980, che pubblicò uno scritto di Costa, Ci spetta solo un quarto di parola: «Il poeta parla usando solo il quarto della parola che spetta all’uomo, ma parla usando solo il quarto della parola che spetta all’uomo, ma parla per muovere, agire, sottoporre a sforzo i tre quarti della parola che si possono pensare».
Ciò vale anche per i sogni: solo il tre quarti dei sogni si può avverare? Perché solo una parte dei sogni si “materializza”? La spiegazione ce la dà Freud: «Particolarmente notevole mi apparve una delle cose che mi disse il piccolo Hans, e di cui non tenterò neppure di dare una spiegazione. Dichiarò che, quando aveva letto il suo caso clinico, tutto gli era parso estraneo, non si riconosceva, non si ricordava di nulla, solo leggendo del viaggio a Gmunden gli era balenata l’idea, quasi un barlume di ricordo, di poter essere stato lui. L’analisi dunque, lungi dall’aver preservato gli avvenimenti dall’amnesia, vi era essa stessa soggiaciuta. Succede talvolta in modo simile nel sonno a chi ha familiarità con la psicoanalisi: costui è destato da un sogno, decide di analizzarlo senza indugio, si riaddormenta soddisfatto del risultato, e il giorno dopo sogno e analisi sono dimenticati». (da Opere, Boringhieri, Torino, 1989, vol. V, p. 589).
Si sa che i poeti sono curiosi, a volte più delle donne. La cosa incominciava ad interessarmi. Chiesi notizie in merito a Franco Cavallo, ma si mantenne sul vago. La psicoanalisi, come la filosofia, mi ha sempre suscitato interesse, allora non restava approfondire la conoscenza di Sergio Finzi. Una figura di alto livello intellettuale, eterogenea. Lo dimostrano i libri che ha pubblicato: Il Principe Splendente, 1973; Il mistero di Mister Meister. Scena e teoria della perversione, 1983; Nevrosi di guerra in tempo di pace, 1989; Gli effetti dell’amore. Storie di una credenza e di certe teorie sessuali infantili, 1995; La scienza dei vincoli. Opus reticulatum: reti e vincoli in psicoanalisi, 2000; Sul monte della preda. In lotta con le potenze psichiche, 2004; L’ombra del grillo parlante. Analisi della paura di scomparire, 2005; Tradimento e fedeltà. Il primo libro dell’Alzheimer, 2008; La cura bastarda, 2009.
Cosa vuol dirci oggi Finzi con questo volume attraverso cui ci offre una visione innovativa del sogno? Dove vuole portarci? È presto detto. Si legge nella sinossi che accompagna il libro sul sito dell’editore «Dei due procedimenti distinti da Freud, l’interpretazione e la teoria del sogno, si tratta per noi di scoprire i modi e le forme di una autonomia del sogno che, analogamente all’autonomia del significante linguistico in letteratura, faccia brillare la superficie e le forme rispetto ai significati o ai simboli del contenuto latente. La geometria, più che il soddisfacimento allucinatorio di desideri repressi, diventa così la guida alla scoperta delle “giunture” che collegano le strutture formali del pensiero agli effetti del trauma, alle strutture ossee e corporee fino a incernierarsi alle leggi della natura e alle configurazioni della realtà. Si fa così dell’astrazione, ma sognare diventa una cosa tutt’altro che astratta che riguarda la verità della filosofia e la libertà dell’uomo». E come afferma Freud in Lettere a Wilhelm Fliess 1887-1904 (Edizione Boringhieri, Torino, 1986 ) «i sogni sono appagamenti di desideri […] i filosofi di professione, ormai soliti sbrigare in poche frasi – perlopiù sempre le stesse – i problemi della vita onirica, intendendola come un’appendice degli stati di coscienza, non hanno evidentemente notato che proprio da questo nuovo punto di vista era possibile dedurre considerazioni tali da condurre a un radicale mutamento delle nostre teorie psicologiche».
Cosa si può aggiungere ancora accingendoci a leggere questo volume? Una constatazione tanto semplice quanto illuminante: sognare non è una cosa astratta ma può essere l’arte della cura del trauma che avviene nella dimensione onirica, dove persino le strutture ossee e corporee sono le giunture alla verità della filosofia e alla libertà dell’uomo.