L’allarme è già stato lanciato: il 75 per cento del suolo sul pianeta è fortemente degradato ed entro il 2050 la percentuale potrebbe raggiungere il 95 per cento costringendo 4 miliardi di persone a vivere in terre prive d’acqua. I dati emergono dal primo rapporto mondiale sul degrado del suolo condotto da Ipbes, la “piattaforma intergovernativa scientifico-politica sulla biodiversità e i servizi ecosistemici” avviata nel 2012 dall’Unep, il programma delle Nazioni Unite per l’ambiente. Un fenomeno preoccupante di cui dobbiamo tener conto anche (e non soltanto) nel giorno in cui si celebra la Giornata mondiale della Terra (Earth day) istituita il 22 aprile 1970 proprio per evidenziare l’importanza delle risorse naturali alla base della sopravvivenza sul pianeta.
“Le cause sono ovviamente tutte da ricercare nell’attività antropica dove l’uomo crea e distrugge allo stesso tempo” dichiara Francesco Peduto, Presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi. “Ormai le criticità riguardano ampie fasce della superficie terrestre, caratterizzata da una gestione non sostenibile che, in alcuni casi, ha raggiunto dei punti di non ritorno. Non a caso, l’obiettivo 15 dell’Agenda 2030 dell’Onu è quello di proteggere, ripristinare e favorire un uso sostenibile dell’ecosistema terrestre” conclude il Presidente CNG.
Ad aumentare significativamente il ritmo di erosione del suolo è la deforestazione che è responsabile del rilascio di gran parte delle emissioni di gas a effetto serra nell’atmosfera. La distruzione delle foreste da parte dell’uomo avrebbe molteplici conseguenze negative: innanzitutto una drastica riduzione di assorbimento di anidride carbonica; repentini e continui cambiamenti climatici; una perdita della biodiversità ed estinzione di numerose specie vegetali e animali oltre che un considerevole aumento dei rischi idrogeologici.