Anche Marte, nel suo remoto passato, ospitava sorgenti idrotermali che affioravano sulla sua superficie? Probabilmente sì, secondo i risultati di un nuovo studio guidato da un team italiano di astronomi e geologi dell’INAF, che verrà pubblicato il primo gennaio prossimo sulla rivista Icarus.
Combinando i dati spettroscopici e le immagini acquisite con i vari strumenti a bordo della sonda Mars Reconnaissance Orbiter (MRO) della NASA, i ricercatori italiani hanno individuato all’interno del cratere denominato Auki Crater la presenza di alcune strutture geologiche peculiari insieme a quella di vari minerali idrati (cioè contenenti acqua) fra cui carbonati, fillosilicati, cloriti e silici. «Secondo le nostre indagini, la presenza dei terreni poligonali e delle vene associate osservate all’interno di Auki Crater è la traccia di passati processi che hanno coinvolto la circolazione di acqua idrotermale e la precipitazione di minerali avvenuta nella falda freatica» dice Filippo Giacomo Carrozzo, ricercatore dell’INAF-IAPS di Roma, primo autore dell’articolo.
La distribuzione spaziale complessiva delle fratture individuate nel terreno e il loro diverso stadio di preservazione localizzato su tre differenti quote altimetriche raccontano altrettanti condizioni di formazione dovuti alla variazione di temperatura. Oltre alle prove geomorfologiche, l’ipotesi di un sistema idrotermale è confermata dal fatto che questi ritrovamenti sono correlati con l’osservazione di minerali che sulla Terra sono spesso associati proprio ad ambienti di tipo idrotermale.
A creare queste regioni di affioramento d’acqua sarebbero stati gli impatti di corpi celesti, particolarmente frequenti attorno a 3,8 miliardi di anni fa, nell’epoca denominata Intenso Bombardamento Tardivo. Se mai la vita è esistita sul Pianeta rosso, questa potrebbe essere stata confinata in nicchie protettive come quelle di un sistema idrotermale post-impatto, dove può essere ampia la disponibilità di acqua e dei nutrimenti utili allo sviluppo di composti organici. Per questo motivo, Auki Crater rappresenta uno fra i più importanti siti di interesse astrobiologico presenti su Marte. Qui, nel passato, potrebbero essersi verificate le condizioni favorevoli alla formazione e al proliferare della vita, a patto però che l’attività idrotermale nel cratere si sia protratta per un tempo sufficientemente lungo.
«La durata dell’attività idrotermale all’interno del cratere dipende da vari fattori quali l’energia dell’impatto, la quantità di acqua disponibile, e la permeabilità della roccia» aggiunge Carrozzo. «Simulazioni numeriche condotte in altri studi hanno mostrato come, in un cratere delle dimensioni di Auki Crater, che ha un diametro di circa 38 chilometri, questo tipo di attività possa mantenersi più o meno per 70 mila anni. Forse un tempo abbastanza lungo per accendere la scintilla della vita. E’ proprio in posti come questo che bisogna cercare i segni di microrganismi che aspettano solo di essere scoperti».