Ancora un volume di poesia in un tempo poco avvezzo a tale genere letterario, dove i poeti sembrano interrogarsi sulla sua forza dirompente eletta alla dannazione o alla polvere dell’indifferenza, spingendo il poeta a rinchiudersi nella sua turris eburnea, preoccupandosi al massimo di coltivare il proprio orticello di parole “ammaestrate” alla mimica di un mondo di frequenti emicranie che esprime il dissenso sempre più spesso con miti espressioni. Non è il caso diLe anime di Marco Polo (Book Editore, 2015, pp. 144) di Giancarlo Baroni, dove sale la febbre della conoscenza lungo le tracce della nostra memoria dove convivono maree controcorrente e follie di onde che allagano la pigrizia: «In origine conviviamo / con due esseri strani. / Le forme gracili del primo / ne limitano l’espansione / l’altro all’opposto è robusto / ma povero di cervello. / Abili nel lavorare / schegge di pietra rimaniamo / in fondo da soli» (Le trappole del mare, p. 75).
Ma chi è Giovanni Baroni? È innanzitutto un poeta nato a Parma nel 1953, ma anche uno scrittore che ha pubblicato due romanzi brevi, Irene e Gli amici di Magnus, e un testo di riflessioni letterarie: Una incerta beatitudine. Ha all’attivo una cinquina di volumi di poesia. Per quasi vent’anni ha collaborato alla pagina culturale della “Gazzetta di Parma”.
Il linguaggio è di tono realistico, seppur si dipani lungo la storia, in uno spazio sovrastrutturale che si ricongiunge con l’origine misteriosa di alcune ambigue voci del passato il volume, seminando sospetti e intrighi al limite dell’oblio, con un assunto principale: la menzogna della storia sul proprio passato, quasi azzerandolo per immacolarsi la coscienza, sempre se avesse una coscienza! Infatti la prima poesia di questo volume cita Ulisse (I ritorni di Ulisse), il più grande mentitore della storia, per sottolineare che dal passato abbiamo solo estrapolato la menzogna, appunto, la menzogna travestita a festa, una festa che mai diventa epifanica, anzi, contrariamente annichilisce e rende “schiavi” della cultura al servizio della società spettacolo, dei poteri forti e ipnotici: «Dicono in coro come / pretendi Ulisse di sfuggire a noi/ che accesa la tua inquietudine incendiamo / anche il tuo desiderio, smetti / di fingere re dei mentitori / e abbraccia noi per sempre. Poi quelle voci sibilanti si propagano // fino a raggiungere la stanza che conserva l’amore coniugale, persecutorie proprio / con me che non lo merito…» (I ritorni di Ulisse, p. 13).
Quel “non lo merito”, ovviamente è riferito all’umanità, messa a tacere da una realtà avvilente e contraria al modus operandi di una mente pensante e intelligente, che dovrebbe essere messa al servizio della comunità, non sottomettersi tacitamente a chi gestisce il potere a propria immagine e somiglianza. E il poeta Baroni, con un linguaggio diretto e ai limiti della narrazione, s’inventa un viaggio da Marco Polo dei nostri giorni, chiamando a sé in aiuto luoghi e personaggi del passato nel tentativo di restaurare, analogicamente, l’avventura del linguaggio, della cultura, alla scoperta, nei meandri più reconditi, di una vitalità “trascurata” che salvi il nostro presente: «La fede mi sprona / nonostante il maltempo / spinga la gente / a chiudersi nelle case. Il prossimo / ospizio dista / metri, Là / termina la mia tappa / oggi un piccolo calvario» (Verso Monte Bardone: voci di pellegrini, p. 89).
Basterebbe questa piccola disamina per comprendere il tono di questo interessante e articolato volume, disseminato di fede, di anime senza pregiudizi, votate alla rassegnazione, ma faremmo un torto all’autore. Quindi, ci facciamo aiutare dal risvolto di copertina che mi sembra chiarificatore: «Di che cosa parla questa raccolta dai versi asciutti, eleganti e intensi, che spazia nella geografia e nella storia e che mette a confronto voci, persone, esperienze, vicende e racconti? Parla di viaggi: per esempio quello di Darwin verso le Galapagos e di pellegrini medioevali verso Roma. Parla di viaggiatori ed esploratori: Ulisse, Guglielmo di Rubruck, Marco Polo, Colombo, Amerigo Vespucci, Magellano e Pigafetta, Bartolomé de Las Casas, Matteo Ricci, Livingstone e Stanley, Vittorio Bottero». Con una voce poetica Baroni ci vuole far comprendere che il passato, rispetto al presente, ha avuto personaggi che per amore della conoscenza, si sono imbarcati in avventure spesso pericolose o impossibile, alla ricerca di luoghi che da soli basterebbero ad ispirare il dissenso contro il pensiero debole, «… dentro la faglia dove sgorga / il magma che ci toglie / ogni residua speranza» (L’anima verso gli abissi, p. 84).