La disoccupazione può aumentare il rischio di infarto. Il pericolo di un attacco di cuore è più alto il giorno in cui si verifica la perdita del posto di lavoro, ce lo dice uno studio
Secondo uno studio canadese pubblicato lunedì sull’Internal Medicine la disoccupazione è messa in relazione con l’infarto nei lavoratori più anziani. La disoccupazione fa male tanto da danneggiare il cuore più che al portafoglio. La perdita del posto di lavoro è paragonata come una minaccia come il fumo, la pressione alta e le altre condizioni che fanno male al cuore. I ricercatori hanno analizzato i dati di più di 13.000 uomini e donne di età compresa tra 51-75 che hanno partecipano a un sondaggio riguardante la salute e la pensione in parte sponsorizzato dal National Institute on Aging. Dal 1992, i partecipanti sono stati intervistati ogni due anni circa la loro occupazione e lo stato di salute. La nuova analisi ha diversi valori. I dati mostrano i periodi di disoccupazione, ma non indicano se le persone sono state licenziate, se sono senza lavoro, se ha riguardato il passaggio da un posto di lavoro ad un altro, o se ha volontariamente hanno lasciato un lavoro. Secondo il ricercatore Matteo Dupre, della Duke University e autore principale dello studio, tutte queste situazioni sono considerate come “perdite di posti di lavoro”, ma è probabile che maggiormente è a rischio di infarto il soggetto che ha timore di essere licenziato o i licenziati. Anche la Dr. Sarah Burgard, una ricercatrice dell’Università del Michigan, che ha studiato il rapporto tra la perdita dei posti di lavoro e la salute, consultata per un parere, ha concluso che sarebbe importante conoscere il motivo della disoccupazione. La Burgard ha dichiarato “Probabilmente ci sono differenze tra la conseguenza della perdita del posto di lavoro quando è volontaria o più o meno attesa” e quando si tratta di uno shock improvviso. L’editoriale del giornale, afferma che lo studio è costato decenni di ricerca per collegare la perdita del posti di lavoro con gli effetti sulla salute e che la ricerca ora dovrebbe concentrarsi a esaminare come e perché ciò accade. Le teorie sono diverse tra cui anche problemi congeniti dell’individuo. L’analisi è stata testata dal 1992 al 2010. All’inizio dello studio i partecipanti erano per lo più intorno ai 50 anni ed è stato chiesto la loro storia di lavoro e il loro stato di occupazione. Sono stati escluse le persone che avevano avuto attacchi di cuore prima dell’inizio dello studio. Quasi il 70 per cento ha subito almeno una perdita del posti di lavoro o ha vissuto l’esperienza del periodo della disoccupazione dopo aver lavorato in un posto di lavoro. Durante lo studio si sono verificati 1.061 attacchi cardiaci. Quelli con almeno una perdita del posto di lavoro sono stati il 22 per cento con più probabilità di avere un infarto rispetto a chi non ha mai perso un posto di lavoro. Quelli con almeno quattro posti di lavoro ha avuto un 60 per cento di rischio più elevato rispetto a quelli con nessuno. Non c’è differenza di rischio tra uomini e donne. Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” sia augura che la magistratura del lavoro tenga in debito conto gli esiti di questa ricerca ai fini della valutazione dei danni subiti a seguito di un licenziamento illegittimo. D’altra parte i dati in questione evidenziano come la riforma Fornero del lavoro nella parte in cui consente i licenziamenti per motivi economici sia un danno portatrice di sofferenze anche per la salute delle persone e deve essere urgentemente eliminata.