A più di cinque mesi dall’entrata in vigore degli ultimi decreti attuativi del Jobs Act, aziende e professionisti non hanno ancora le idee chiare sulla nuova disciplina dei controlli a distanza sui lavoratori.
A evidenziarlo, è un sondaggio online in cui il 74% degli addetti ai lavori ha dichiarato che sulla materia era effettivamente necessario intervenire sullo Statuto dei Lavoratori, ma che d’altra parte il modo in cui sono state fatte le modifiche è risultato poco chiaro.
Anche se l’intento del Jobs Act era quello di rendere lo Statuto dei Lavoratori più adeguato al contesto tecnologico del mondo del lavoro attuale rispetto a quando fu introdotto nel 1970, a quanto pare molte aziende stanno ancora faticando a farsi un quadro nitido di questa materia complessa, che si intreccia tra disciplina giuslavoristica, normativa privacy, e codice penale.
Il rischio, è ovviamente che le aziende si spingano ben oltre ciò che è consentito loro fare quando intendono controllare i propri dipendenti, e di vedere quindi non rispettati i diritti fondamentali che i lavoratori hanno comunque conservato anche dopo il Jobs Act, compresi quelli relativi alla normativa sulla privacy, con un potenziale aumento di contenziosi nei prossimi mesi.
Ad aumentare il pericolo di violazioni della privacy dei lavoratori non ci sono le idee ancora confuse da parte delle aziende, ma anche la facilità con cui è possibile mettere in atto controlli invasivi sui dipendenti, come rileva il presidente di Federprivacy, Nicola Bernardi:
“Sono reclamizzate in internet ed è fin troppo facile acquistare app che possono trasformare smartphone e tablet aziendali in vere e proprie cimici ambientali, oppure apparecchiature gps da installare sugli automezzi in grado di monitorare ogni spostamento dei dipendenti, ma spesso chi acquista questi strumenti non è adeguatamente messo al corrente che alcuni di questi metodi erano e rimangono vietati anche con il Jobs Act, e che anche nei casi in cui è adesso possibile controllare i lavoratori, questi devono essere dovutamente informati, ed è comunque necessario rispettare tutte le prescrizioni del Codice della Privacy.”
Per fare maggiore chiarezza sull’argomento, è atteso l’intervento di Augusta Iannini al workshop organizzato da AFGE che si svolgerà il 22 marzo a Roma, dove la vice presidente del Garante rappresenterà la posizione dell’Autorità per la protezione dei dati personali alla luce dei cambiamenti introdotti dal Jobs Act.
All’incontro parteciperanno anche altri esperti della materia, come Luca Bolognini, presidente dell’Istituto Italiano per la Privacy, Marco Marazza, professore ordinario di diritto del lavoro presso l’Università di Teramo, Diego Fulco, direttore dell’Istituto Italiano per la Privacy, e Angelo Jannone, ex ufficiale dei Carabinieri noto per essere stato insieme a Giovanni Falcone autore delle indagini sul patrimonio di Totò Riina, e oggi consulente e docente universitario, che parlerà della gestione delle indagini sui dipendenti infedeli nel contesto regolatorio privacy.