La quarantena ha stravolto le vite di tutti, ma l’emergenza sanitaria sta avendo un impatto diverso sulle donne. Questo viene confermato dai dati emersi dell’indagine realizzata da Fondazione Libellula, attiva nella lotta alla violenza e alla discriminazione di genere.
Scopo dell’indagine è stata analizzare l’incidenza del lockdown causato dal Covid-19 su atteggiamenti, comportamenti ed emozioni di uomini e donne, per avere una fotografia del momento che consenta di evitare che l’emergenza riporti in vita gli anni 50 per quanto riguarda la situazione femminile. Dalle risposte, infatti, emerge che nelle coppie 1 donna su 3 si è prevalentemente occupata lei dei figli e delle figlie durante la quarantena, mentre solo 1 uomo su 100 ha dichiarato di aver fatto lo stesso. Al di fuori dell’orario lavorativo, le donne affermano di essersi dedicate principalmente alle faccende domestiche e alla cura della casa, mentre gli uomini all’intrattenimento.
Metà degli intervistati e delle intervistate, invece, percepisce il carico di lavoro in smart working come aumentato, con un relativo senso di maggior affaticamento. Inevitabili, dunque, forti ripercussioni psicologiche sulla maggior parte della popolazione, in particolar modo femminile. Per le donne ansia, frustrazione e tristezza sono state tra le emozioni prevalenti in quarantena. E non sembrano essere svanite del tutto, soprattutto se legate al mondo del lavoro: molte le donne pensano di dover rinunciare alle proprie ambizioni di carriera; un timore che, al contrario, tra gli uomini non sembra essere molto diffuso.
Molti, a prescindere dal genere, si sentono più stanchi, hanno sperimentato apatia e disturbi di concentrazione e provano un sentimento di paura rispetto al rientro. Per questo motivo è importante, per le aziende, individuare buone prassi da prendere come esempio, e attuare politiche che permetteranno di ascoltare nella fase di ripartenza i bisogni e le esigenze di uomini e donne per costruire organizzazioni realmente inclusive.