L’Aula Marconi della sede centrale CNR (Roma) ospita l’evento di presentazione dei dati ottenuti nell’ambito di un progetto industriale relativo al riutilizzo di scorie ottenute da scarti di lavorazione in siderurgia. Gli Istituti Cnr coinvolti -Igag, Irse e Ism- hanno, infatti, messo a punto una tecnologia derivata da un brevetto della start-up Fmp di Pordenone, per l’uso delle scorie nei calcestruzzi strutturali con percentuale del 70% senza l’utilizzo di additivi chimici speciali.
Il convegno, dal titolo ‘On the method for the stabilization and inertization of slag deriving from steel production processes in steelworks and blast furnaces‘, offre la possibilità di fare il punto sui problemi dello smaltimento di scorie provenienti da impianti per la produzione di acciaio e dei nuovi metodi messi a punto per favorire il loro largo impiego nei materiali per l’edilizia. Il tutto si inquadra nell’ambito di un progetto che il Cnr ha condiviso, raggiungendo risultati estremamente interssanti, che stanno attirando l’attenzione di molti produttori internazionali di acciaio e di calcestruzzi.
La ricerca è nata dalla collaborazione tra l’Area industriale di Pordenone e l’Area della ricerca Cnr di Montelibretti (Roma), in particolare dalla sinergia tra la start-up friulana Fmp di Pordenone e i tre Istituti Cnr Igag, Irsa e Ism, con il coordinamento di Alessandro Soluri (Cnr-Ibcn).
L’accordo prevede una nuova forma di valorizzazione dei risultati che possono essere ottenuti dalla collaborazione tra ricerca pubblica ed aziende private. Il brevetto, infatti, pur essendo di proprietà di Fmp, ha avuto bisogno di uno sviluppo e messa a punto per il raggiungimento dei risultati attuali: è stato quindi raggiunto un accordo e trovata una forma contrattuale basata sul valore futuro dei brevetto, alla luce dei risultati che sarebbe stato possibile raggiungere.
Nell’evento, i relatori faranno il punto sulle problematiche legate allo smaltimento delle scorie, della loro neutralizzazione per il rispetto delle tematiche ambientali, dell’evoluzione storica dell’uso dei calcestruzzi strutturali nell’ingegneria. Inoltre, saranno trattati i temi del trattamento delle scorie e della concreta possibilità del loro utilizzo nell’ambito delle’economia circolare. La sessione si chiuderà con la presentazione in anteprima dei risultati ottenuti su test che vedono una percentuale di scorie nei calcestruzzi strutturali molto alta (70%), percentuale in assoluto mai raggiunta prima e che apre la concreta possibilità di utilizzare la tecnica in ambito industriale.
“Ritengo che i risultati che verranno presentati -grazie anche al contributo significativo del Cnr- rappresentino un concreto modo di lavorare, una maniera di operare in cui pubblico e privato si incontrano per costruire un percorso di valore. Siamo molto soddisfatti di quanto abbiamo raggiunto, è la prima volta che presentiamo questi risultati ad una platea di operatori del settore siderurgico e produttori di calcestruzzi, oltre ad essere argomento di potenziale interesse per alcuni settori del comparto pubblico, quali Ministeri dello Sviluppo Economico e Ambiente, in virtù dei temi trattati. Questi risultati rappresentano il punto di convergenza per un settore strategico ed economico del Paese, un vero volano per l’intero settore siderurgico che potrebbe dare valore alle scorie e renderle produttive per realizzare calcestruzzi strutturali altamente resistenti, rendere quindi reale quell’economia circolare da sempre auspicata“, afferma Lino Montagner, amministratore di Consulfin, azienda che da sempre ha creduto nel progetto finanziando le attività basate sul brevetto della Fmp.
“Presenteremo i risultati ottenuti dall’osservazione delle scorie rivestite, del loro impiego nei calcestruzzi. Le scorie, una volta rivestite da una miscela di cementi economici opportunamente studiati, risulta avere le caratteristiche tipiche di un inerte naturale e possiede quindi le proprietà per un loro corretto utilizzo nella preparazione di calcestruzzi strutturali. Il manufatto finale ha proprietà di resistenza meccanica superiori a quella ottenibile con un calcestruzzo tradizionale, senza meccanismi di rilascio di acqua, ottendendo manufatti molto stabili alle escursioni termiche“, aggiunge Girolamo Belardi, ricercatore del Cnr-Igag di Roma. “Con nostra grande soddisfazione siamo riusciti a produrre dei calcestruzzi strutturali ‘faccia a vista’, con percentuali di sostituzione dell’inerte naturale del 70% e comunque una sostituzione completa dell’inerte naturale per la porzione del fuso granulometrico superiore ai 4 mm, il tutto senza l’utilizzo di additivi chimici speciali. Un risultato estremamente importante per la produzione di materiali per l’edilizia”.