Latte materno. Il Venezuela fa una questione di Stato della promozione e sostegno dell’allattamento al seno ed è pronto con una modifica alla legge vigente che vieterà la pubblicità del latte “artificiale†e la somministrazione senza indicazione medica. In Italia nonostante le denunce pare prevalga la lobby delle multinazionali degli integratori e del latte in polvere
Nonostante l’ Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e le attività di associazioni impegnate da anni, nel veicolare tra le istituzioni e soprattutto tra le madri l’importanza dell’allattamento al seno e quindi del latte materno ad oggi dobbiamo prendere atto che nel Nostro Paese come nel resto d’Europa, poco fanno gli stati nazionali ma anche le istituzioni europee per invertire la pericolosa tendenza ad un utilizzo sempre crescente di latte artificiale ed integratori da parte delle madri nostrane. E così, non possiamo che apprezzare la notizia che arriva dal Venezuela secondo cui la maggioranza al governo del Paese sudamericano fa una vera e propria ragion di Stato dell'”amore filiale”, se martedì prossimo il Parlamento riunito in seduta plenaria è pronto a discutere e far approvare delle modifiche alla legge sulla protezione, promozione e sostegno dell’allattamento al seno. Si tratta, infatti, di una vera e propria campagna nazionale che è partita da un disegno di legge governativo che aveva proposto la redazione di uno strumento legislativo per garantire “che ogni bambino ha il diritto di allattare” fino all’estremo di vietare l’uso di “biberon e bottiglie”. Il disegno di legge approvato in commissione famiglia modificherebbe ben 18 dei 33 articoli della legge in vigore dichiarando di fatto guerra al latte artificiale e in bottiglia. La proposta legislativa prevederebbe pene contro la promozione pubblicitaria degli integratori e la loro somministrazione ai bambini sotto i sei mesi da parte di centri sanitari pubblici e privati, fatta salva un’espressa indicazione medica. Inoltre, sarebbe vietata anche la prescrizione di glucosio ai neonati. Secondo quanto affermato dalla Presidente della commissione Famiglia, Maria Leon, ex ministro del governo di Hugo Chavez la legge in questione ha l’obiettivo di “educare il popolo, le madri venezuelane e del mondo, a conoscere l’importanza del latte materno nell’alimentazione dei bambini e ragazze, dalla nascita a due anni”. Il testo che verrà sottoposto all’Assemblea nazionale prevede anche che le aziende e le istituzioni includano nei loro programmi di lavoro la possibilità per le madri lavoratrici di allattare al seno i loro bambini in appositi spazi arredati per questo scopo. Inoltre, forzerà la creazione di banche del latte materno. Per gli ospedali e per i medici che non rispettano le disposizioni, la riforma imporrà multe fino a 50.000 dollari (al cambio ufficiale) e la sospensione della pratica per 120 giorni. È ovvio che alla base di questo disegno di legge non vi è solo l’esigenza statale di proteggere il legame tra madri e figli, ma sarebbe sottesa anche una questione di “sovranità alimentare”, uno slogan della rivoluzione bolivariana, che in questi giorni è molto in voga, data la riduzione di derrate alimentari nelle forniture e nei supermercati e le importazioni enormi che il governo venezuelano è tenuto a fare per alleviare la situazione. Ma è anche vero che il Venezuela è il primo stato nazionale che s’impegna formalmente per far proprie le dichiarazioni dell’OMS e al contempo a far guerra alle multinazionali del latte artificiale e degli integratori alimentari per bambini. Ricordiamo, infatti, che l’istituzione internazionale della Salute raccomanda l’allattamento materno esclusivo per almeno i primi sei mesi di vita del bambino, mantenendo il latte materno come alimento principale fino al primo anno di vita pur introducendo gradualmente cibi complementari. Lo stesso organismo dell’ONU, suggerisce, inoltre, di proseguire l’allattamento fino ai due anni e oltre, se il bambino si dimostra interessato e la mamma lo desidera. L’Unicef, peraltro, da anni raccomanda ai governi nazionali il dovere di informare le donne sui benefici dell’allattamento al seno. In Italia, è pur vero che si è raggiunto un adeguato livello d’informazione circa l’importanza del latte materno per le sue irriproducibili capacità nutritive, idratanti, antibatteriche, antivirali, antibiotiche che ha determinato un’accresciuta consapevolezza tra le puerpere e i loro familiari. È anche pur vero che le istituzioni sanitarie al di là di qualche campagna informativa, sono da tempo sostanzialmente silenti in materia come se fossero orientate a non sollevare troppo la questione. Uno degli aspetti che ci hanno convinto sulla serietà di quest’affermazione era stata la denuncia dello “Sportello dei Diritti”, che aveva segnalato, pur senza essere in possesso di dati ufficiali, un fenomeno assai preoccupante tra le mamme: quello della mancata o della scarsa produzione di latte materno ed il conseguente inevitabile utilizzo della cosiddetta “aggiunta” o della sostituzione completa con il latte artificiale. Avevamo parlato di una crescente preoccupazione negli ospedali, tra i pediatri, e tra le neomamme, tante mamme, pur non conoscendone le cause che potrebbero essere attribuite a molteplici fattori sociali, ambientali o alimentari. Ed, infine, lungi da noi voler destare alcun allarme in assenza di numeri e dati certi, ci eravamo rivolti al Ministero della Salute e all’Istituto Superiore di Sanità affinché avviassero comunque un’indagine epidemiologica per verificare se quanto lamentato potesse essere un fenomeno reale e su larga scala e per appurarne le cause. Ebbene ad oggi al di là della solita campagna informativa per il 2013 dal titolo “Il latte della mamma non si scorda mai” con iniziative in soli tre regioni quali Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Marche come se nelle altre non ve ne fosse bisogno, nessuna notizia in merito è stata resa nota. Il dubbio che la lobby delle multinazionali del latte artificiale e degli integratori alimentari per neonati e bambini tiri più di un filo nelle istituzioni nostrane rimane ed è cresciuto. Al Ministero della Salute e all’Istituto Superiore di Sanità l’opportunità di toglierlo a tanti professionisti del settore e a tante mamme.