Il giornale britannico The Guardian ha messo al secondo posto, nella lista delle dieci librerie più belle e importanti del mondo, la libreria Ateneo di Buenos Aires. Nell’Avenida Santa Fe 1860, al centro della città, l’ edificio biancogrigio che la ospita esibisce sulla sua facciata balconi traforati, un’ entrata monumentale e la scritta: Gran Splendid, nome di quello che, prima del restauro e della riconversione dell’edificio in libreria nell’anno 2000, era uno splendido teatro inaugurato nel 1919.
Questo nome non è stato sostituito ma solo affiancato al nuovo per indicare la continuità architettonica ed estetica che il luogo conserva nelle sue differenti funzioni, da teatro-cinema a libreria. Un luogo speciale per gli amanti della lettura. Questa libreria possiede intorno a 120.000 titoli nel suo stock e più di 3000 persone la visitano ogni giorno. Di solito nelle librerie la magia la fanno i libri e sono loro che raccontano le storie. Qui il luogo stesso è un grande libro che racconta la sua stessa storia e quella del Paese.
Agli inizi del Novecento l’Argentina viveva un’epoca di grande splendore, al punto da potersi permettere di offrire terre e lavoro a migliaia di emigranti in fuga dalla miseria e dalla guerra e alla ricerca di un futuro di pace, lavoro e speranza. Quello che molti non sanno è che l’immigrazione nel paese non portò dentro i suoi confini solo, come si crede, contadini analfabeti o piccoli artigiani, sbarcarono anche intellettuali, musicisti, pittori, architetti che lasciarono ovunque la loro impronta culturale e umana. Per merito loro Buenos Aires si trasformò in poco tempo in una grande metropoli, vivace, interessante, stimolante di lingue e di culture.
Tra questi emigranti Mordechai David (detto Max) Glucksman, impresario di origine austriaca, finanziò la costruzione, disegnata dagli architetti Peró y Torres Armengol e construita dagli architetti Pizoney e Falcope, di un grande cine-teatro sorto sulle fondamenta del vecchio Teatro Nacional Norte. Lo chiamarono Gran Splendid, un’ imponente sala con quattro file di palchi e una platea per 500 persone. Qui diedero spettacolo le più importanti figure del tango, come Gardel e persino un tango gli è stato dedicato (Gran Splendid di Firpo del 1927).
El Ateneo è un marchio registrato con molti locali sparsi per il paese, anche se con la maggiore concentrazione a Buenos Aires, ma questa particolare libreria è diversa da tutte le altre, pur belle e ben fornite. Qui si respira storia, raffinatezza, cultura in uno spazio che ha conservato intatta la struttura del teatro all’italiana, eliminando solo le poltrone di platea e che ti si apre davanti agli occhi come un ventaglio dorato, una conchiglia cremisi di superba eleganza.
Dove c’erano i botteghini di vendita, sono allineati i libri tascabili, i titoli con i prezzi abbordabili, per dirti subito che la raffinata bellezza di questa cavea non è lì per respingerti, ma per facilitarti la strada alla scoperta delle migliaia di parole che contiene. Sul fondo, nell’antico palcoscenico con i suoi listoni di legno originali, che un sipario di velluto porpora incornicia, troviamo un bar pasticceria e ristorante, con piccoli tavolini, sedie e poltrone accoglienti e in un angolo un pianoforte che chiunque può suonare. Dalla ex platea hanno inizio la spirale dei palchi e la moderna scala meccanica che porta al sotterraneo dove si vendono i libri per bambini e la musica. E da qui, come colonne in un tempio, le scaffalature dei libri si allineano a formare corridoi paralleli al palcoscenico, raggi di un ellisse che porta lo sguardo verso l’alto; palchetti scolpiti in uno splendore dorato, gli stessi da cui vedere una commedia o sentire musica, ospitano altri libri, altre poltrone, altri lettori immersi in un silenzio religioso. All’ultimo piano si espongono foto, quadri, sculture, oggetti.
La libreria è sempre affollata, a qualsiasi ora del giorno. La gente si aggira tra i corridoi guidata dalle scritte che indicano temi e autori, si sofferma un poco, sceglie e va a sedersi in platea o nei palchi o in scena, e legge, senza fretta senza l’impegno di un acquisto. Sì, perché qui puoi leggerti un libro intero e nessun commesso verrá a dirti che devi comprarlo, qui i commessi sanno che, se puoi stare tre o quattro ore inchiodato dentro il vortice di un libro, sei già cultore del rito e se non comprerai quel libro ne comprerai un altro o molti altri, quel giorno o in altri momenti, poco importa. Per questo la libreria vende quasi 1.000.000 di titoli all’anno.
A volte, nelle pause della lettura si sollevano gli occhi al soffitto a contemplare la cupola che sovrasta tutto lo spazio, dipinta da Nazareno Orlandi, un artista italiano che ha decorato con la sua arte molti luoghi della città. Qui, bordata di ghirlande, di colombe, di angeli e ninfe, dipinta in un tripudio di rose e di figure, si distingue una donna giunonica e sensuale, rappresentazione allegorica della Pace che, appena finita la prima guerra mondiale, era il sogno di tutti. Davanti a lei, rispettosamente, si inchinano le grandi potenze coinvolte nel conflitto e la osannano. Questa Pace dipinta sulla volta di un teatro è ancora oggi la dea protettrice di questa libreria dove la pace la si vive nell’incomparabile piacere della lettura. Dal lato opposto un’altra donna morbida seducente sostiene un proiettore cinematografico: è la “settima arte” che si tende verso la Pace, le offre i suoi strumenti e si fa solidale con i suoi fini.
D’improvviso spesso il piano comincia a suonare, dilettanti o professionisti non importa, è sempre una musica rispettosa e soave che accompagna i lettori e li guida con dolcezza tra gli scaffali di letteratura spagnola, quelli delle letterature straniere, le traduzioni italiane, la poesia, la saggistica, e il lettore sedotto sceglie un libro, una poltrona, un silenzio… e lì, per ore, dimentica il tempo, il peso del quotidiano, la convulsa vita della città fuori di queste mura.