L’assegno divorzile deve considerare anche un eventuale periodo di convivenza more uxorio. A stabilirlo è stata una recente sentenza della Corte di Cassazione. Un passo importante per il diritto di famiglia nel nostro Paese che inizia, così, a equiparare la convivenza al matrimonio sulla base di un impegno assunto.
Cos’è l’assegno divorzile
L’assegno divorzile è un importo che il coniuge corrisponde mensilmente all’altro quando quest’ultimo non possiede i mezzi economici necessari per sostentarsi in autonomia. Non va confuso con l’assegno di mantenimento che scatta, per le stesse motivazioni, in seguito alla sentenza di separazione. L’assegno divorzile, infatti, prevede che il contratto matrimoniale sia sciolto, cosa che avviene appunto con la sentenza di divorzio.
L’importo dell’assegno divorzile è calcolato in base a diversi parametri tra cui:
- sperequazione tra le condizioni economiche dei due coniugi
- l’età e la capacità del richiedente l’assegno di procurarsi i mezzi di sussistenza
- il sacrificio da parte del richiedente delle proprie aspettative professionali per dedicarsi alla famiglia
- la durata del matrimonio
A differenza dell’assegno di mantenimento, l’assegno divorzile:
- non deve tenere conto del tenore di vita avuto durante il matrimonio
- può essere modificato nel tempo se cambiano le condizioni economiche dei coniugi
- è sospeso se il coniuge richiedente può contare su un contratto di lavoro stabile o si sposa.
Assegno divorzile e convivenza more uxorio
Non più di tre giorni fa, la Corte di Cassazione ha depositato una sentenza che rivede in qualche misura i criteri per il conteggio dell’assegno divorzile. Il caso è nato in seguito alla richiesta di una donna che ha richiesto che nel calcolo dell’assegno divorzile fossero conteggiati non solo i 7 anni di matrimonio ma anche i precedenti 7 di convivenza, durante i quali, tra l’altro, era nato il loro figlio.
La Corte d’Appello di Bologna, infatti, aveva respinto il ricorso della donna adducendo che la sua rinuncia al lavoro era avvenuta prima del matrimonio, per l’agiatezza della sua famiglia d’origine e non per dedicarsi al marito e al figlio, mentre tale scelta può essere presa in considerazione solo in riferimento al matrimonio.
Di diverso avviso è stata la Cassazione che ha riconosciuto il periodo della convivenza more uxorio come importante per la creazione di un legame e di una famiglia.
Cambio di paradigma
La Cassazione ha motivato la sua sentenza adducendo che la convivenza è un costume sempre più diffuso nel Paese come dimostrano i dati statistici a disposizione. A livello percettivo, ciò ha portato a guardare a questa scelta in modo più responsabile. Vale a dire che la percezione dell’impegno assunto con la convivenza è tale da creare legami di fatto e formazioni familiari di fatto che hanno pari dignità di quelli matrimoniali. I sette anni trascorsi dai due ex coniugi prima del matrimonio sono serviti a consolidare un legame e a creare una divisione di ruoli come si richiede in una famiglia, pertanto vanno considerati nel conteggio dell’assegno divorzile.
La sentenza, destinata a modificare il quadro della giurisprudenza in materia di diritto di famiglia, mette in primo piano i comportamenti delle persone rispetto ai vincoli giuridici. Conferisce la giusta importanza al principio di stabilità e continuità e alla presenza di un progetto comune che sono alla base della creazione di un nucleo familiare.