Lasae è il progetto di Natalia Pazzaglia che si pone l’obiettivo si sostenere emotivamente le persone che hanno subito un grave lutto. Li aiuta ad elaborare il dolore, grazie al supporto di figure specifiche e della community.
Natalia qual è la tua storia professionale?
Dopo una laurea in scienze politiche e relazioni internazionali, ho iniziato a lavorare in cooperazione facendo alcune brevi esperienze in paesi in via di Sviluppo (Bolivia, Medio Oriente, Costa d’Avorio, India). Poi ho scoperto l’imprenditoria sociale, prima negli Stati Uniti e poi in Italia. Occupandomi di project management e community building, ho collaborato con Ashoka, Impact Hub, OIM, Inter-American Development Bank, Fondazione Compagnia di San Paolo, per citarne alcune. Negli ultimi sei anni mi sono formata e avvicinata sempre di più allo storytelling e alla comunicazione strategica, che ora insegno alla Scuola Holden. Sono consulente e formatrice in project management e storytelling per il cambiamento sociale.
Come nasce l’idea del progetto Lasae e da dove prende il suo nome?
Perdere mia mamma mi ha messo di fronte non solo a un dolore enorme, ma anche a grandi difficoltà pratiche, organizzative, economiche. Mi sono domandata se fossi l’unica, se anche altri stessero sperimentando le stesse complessità. Quando mi sono accorta che effettivamente era così ho deciso che dalla mia personale esperienza con il dolore e dal mio background professionale in comunicazione e imprenditoria sociale poteva nascere qualcosa di positivo: un modo di trasformare il dolore in un percorso nuovo, non più di solitudine e incertezza ma di supporto collettivo e cambiamento.
Il nome deriva dalla cultura etrusca. Le lase erano infatti divinità protettrici etrusche, spesso raffigurate in forma alata, con sembianze femminili, che scortavano i morti nell’aldilà e proteggevano chi restava nel mondo dei vivi. Il nome richiama, da un lato, l’idea che ciascuno di noi possa avere una lasa che l’accompagni, sorregga e consigli nel momento del lutto. Dall’altro lato, invece, il desiderio di creare una community, un gruppo collettivo di lase che possa sostenersi a vicenda sfidando il tabù, che vede il lutto come un avvenimento del quale non si può parlare.
La tua è una storia di dolore personale. La perdita dei genitori rimane sempre un momento determinante nell’approccio al lutto, come sei riuscita ad elaborare tutto questo?
Più che elaborare, direi integrare: non sono cose che passano, sono eventi che restano. Il dolore è come una marea: arriva in momenti che non ti aspetti. Certe volte basta una frase o un oggetto – magari anche di qualcun altro – per farmi riaffiorare ricordi non sempre facili. Pian piano, e anche con l’aiuto della terapia, sto imparando a convivere con queste perdite. Provare a trasformare tutto quello che mi hanno dato e lasciato i miei genitori in qualcosa di buono, in un mio percorso di crescita che si apre agli altri.
Lasae aiuta le persone a superare un lutto ad elaborare il dolore, in che modo riuscite a farlo?
Lasae non ha la pretesa di riuscire ad aiutare a superare un lutto e elaborare il dolore: ogni esperienza di perdita è profondamente personale. Non funzionano le stesse cose per tutti, ognuno ha il suo percorso e, soprattutto, i suoi tempi. Quello che Lasae vuole fare è di fornire degli strumenti e degli spazi per avere delle informazioni pratiche, conoscere le storie di altre persone che stanno attraversando la stessa esperienza di lutto e trasformazione, ricevere un supporto emotivo attraverso una community che riflette e si confronta su questi temi
A quali figure professionali vi affidate per gestire questo progetto?
Al momento stiamo prima di tutto creando una community che abbia un primo punto di riferimento nella newsletter e nel sito, mentre a partire da giugno abbiamo pubblicato delle mini interviste a una serie di professionisti che danno indicazioni pratiche e concrete su alcune questioni collegate al lutto: commercialisti, avvocati, consulenti finanziari, professional organizer, consulenti assicurativi, antropologhe, per citarne alcuni. Per restare aggiornat* sui prossimi contenuti consiglio di iscriversi alla newsletter dal nostro sito.
Oltre ad essere la founder di Lasae sei anche formatrice e consulente per la scuola Holden, quali sono i progetti che hai in futuro?
È da poco partita la seconda edizione del corso “Raccontare la vulnerabilità” in cui tratto lo storytelling di argomenti delicati, che ci mettono a nudo di fronte agli altri. Sto scrivendo, e mi piacerebbe sviluppare di più alcune questioni legate alla leadership, in particolare come si collega all’empatia, alla creatività e la trasformazione dopo eventi traumatici. A livello più generale, vorrei tornare a incontrare le persone dal vivo, portare anche Lasae in un primo evento in presenza.