L’articolo 27 della costituzione afferma che le “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.
L’arrivo del coronavirus ha posto una lente di ingrandimento sulle carceri italiane, sulla vita in questo mondo parallelo mettendo a nudo tutte le sue fragilità.
Le carceri non sono luoghi dove avviene una rieducazione, un accompagnamento per la risocializzazione.
Il problema del sovraffollamento
Sono 60,971 i detenuti presenti nelle carceri italiane al 31 gennaio 2020, stando alle fonti del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Sono quasi 10.000 in più dei 50.511 posti letto ufficialmente disponibili.
Le carceri sono fatiscenti
Secondo il rapporto stilano dall’associazione per i diritti e le garanzia nel sistema penale “Antigone”, nel 35,3% delle carceri è assente l’acqua calda. Il 7,1% non dispone di un riscaldamento funzionante, nel 20% di esse non ci sono spazi che permettano ai detenuti di lavorare e nel 27,1% non ci sono aree verdi per i colloqui con i familiari. Risulta inoltre che il 18,8% degli Istituti presentano celle dove non è rispettato il parametro dei 3mq per detenuto, soglia minima secondo la Corte di Strasburgo. Il 54% dei casi non dispongono neanche della doccia.
Le carceri sono disumane
Il 40% dei detenuti è in attesa da tempo di giudizio. Il 28,7% in alcune carceri soffre di malattie mentali e non sempre può avvalersi di cure psicologiche o psichiatriche adeguate, in altre la percentuale è significativamente maggiore,.Violenze carnali tra detenuti , soprusi, aggressioni nei confronti del poliziotti e del personale amministrativo. Carente assistenza sanitaria, carenza di personale.
Nel 2019 si sono tolti la vita 53 detenuti mentre nei primi mesi del 2020 sono stati 17 . Solamente il 30% dei carceri ha spazi adeguati e pensati per accogliere detenuti disabili .
Tutto porta a pensare che sarebbe necessario un ripensamento radicale. Procedure più snelle, carcere più dinamico per chi non presenta pericolosità. Possibilità di lavoro all’interno delle carceri in laboratori più moderni. Spazi adeguati. Perché il fine del carcere non può essere solo punitivo ma avviare un percorso di cambiamento per favorire un reinserimento delle persone nella società.