A trent’anni dalla morte di Enrico Berlinguer quante cose sono cambiate? «Tante» dirà qualcuno mentre altri diranno «poco o niente».
Di certo a cambiare sarà la toponomastica della città partenopea. La zona pedonale antistante la nuova stazione della metropolitana Linea 1, tra via Diaz e via Toledo, prenderà il nome del leader sardo che a Napoli nel settembre del 1976, durante la Festa dell’Unità, parlò per la prima volta alla folla gremita della Mostra d’Oltremare.
L’iniziativa, nata in origine da una petizione popolare, vede coinvolti il consigliere comunale promotore della delibera Antonio Borriello, fin da giovane iscritto al PCI e per oltre vent’anni attivo nel partito fino all’adesione nel 1991 al PDS-DS, il presidente Ugo Sposetti dell’Associazione Nazionale “Enrico Berlinguer” e la Fondazione Gerardo Chiaromonte, la cui sede si trova nei pressi del futuro Largo Berlinguer.
Un luogo che a seguito dei lavoro di restauro della metropolitana, accoglie spesso giovani artisti di strada, musicisti e molti giovani in transito per la città. A loro possono allora ritornare utili le parole di Berlinguer, parole con l’occhio lungo sul futuro di questi ragazzi e di quelli che verranno: Se i giovani si organizzano, si impadroniscono di ogni ramo del sapere e lottano con i lavoratori e gli oppressi, non c’è scampo per un vecchio ordine fondato sul privilegio e sull’ingiustizia.