Lo scorso venerdì 9 dicembre è stato lanciato dal Kennedy Space Center in Florida il satellite Ixpe (Imaging X-ray Polarimetry Explorer), nato dalla Nasa ma con un grande cuore tricolore visto il finanziamento da venti milioni di euro dell’Agenzia spaziale italiana (Asi). Inoltre, la missione vede la collaborazione dell’Istituto nazionale di Astrofisica (Inaf) e Istituto nazionale di Fisica nucleare (Infn) e a quella industriale di Ohb Italia.
Gli obiettivi della missione Ixpe
La missione Ixpe è dedicata allo studio dell’universo attraverso la polarizzazione dei raggi X e per farlo utilizzerà una tecnologia tutta made in Italy. Ixpe misurerà l’immagine e l’energia delle sorgenti celesti ma potrà anche ricavare, per la prima volta, indicazioni dirette sulle caratteristiche dei campi elettromagnetici ad esse associati.
“La comunità astrofisica delle alte energie aspettava da decenni uno strumento di polarimetria-X. Ora l’Italia realizza il cuore della missione Ixpe e sarà entusiasmante vederne i primi risultati: un momento a lungo atteso che siamo certi non deluderà le aspettative”, ha commentato Marco Tavani, presidente dell’Inaf.
“Ixpe osserverà l’universo sotto una luce nuova, nel vero senso della parola, e ciò che gli consentirà di farlo è il suo innovativo ‘cuore’ tecnologico tutto italiano”, sottolinea invece Antonio Zoccoli, presidente dell’Infn.
Ma come è fatto il satellite Ixpe lanciato dalla Nasa e da Asi?
A bordo Ixpe ha ben tre telescopi identici ciascuno con specchi, rilevatori e un traliccio estensibile. Ciascun gruppo di ottiche ha 24 specchi che raccolgono e focalizzano i raggi X.Inaf e Infn hanno realizzato i riflettori e sono posizionati sul punto focale degli specchi. Questi sensori tracciano e misurano tutte le 4 proprietà della luce, tempo, direzione di arrivo, energia e, come detto, la polarizzazione.
Ixpe misurerà la quantità e la direzione della polarizzazione per ricevere indicazioni su forme, strutture e funzionamento degli oggetti osservati. OHB Italia, unico partner industriale della missione, ha realizzato la Detector Unit Electronics (BEE), il cosiddetto Filter and Calibration Wheel Mechanism e la Detector Service Unit (DSU). Il satellite segue un’orbita equatoriale circolare a circa 600 km di quota.
Il contributo italiano
Il contributo italiano non è solo scientifico e tecnologico: il nostro Paese metterà a disposizione, su richiesta della Nasa, anche la base di Malindi, in Kenya, come stazione primaria per la ricezione dei dati, supportata anche da Telespazio. Inoltre, lo Space Science Data Center (SSDC) nella sede dell’Asi a Roma si occuperà di attività di elaborazione e analisi scientifica dei dati.