Dopo gli ultimi sbarchi di migranti, a Lampedusa si parla di Apocalisse. I numeri sono eccezionali e testimoniano da un lato l’impegno immane delle istituzioni locali e dei volontari, dall’altro il fallimento delle politiche messe finora in atto. La situazione è difficile nell’hotspot come in tutta l’isola. Pur se in continuo mutamento, proviamo a fare il punto della situazione ricordando cosa sono gli accordi di Dublino invocati da certa parte politica.
Lampedusa alle prese con l’emergenza migranti
Continuano senza sosta gli sbarchi di migranti sulle coste italiane. Dalla mezzanotte di ieri sono arrivate a Lampedusa più di 300 persone. L’hotspot dell’isola, realizzato per 700 persone è arrivato a ospitarne nelle scorse ore fino a circa 4.000. La struttura, dunque, è nuovamente al collasso. I migranti presenti sull’isola, però, sono quasi 7.000. I restanti 3.000 sono sparsi nelle altre zone di Lampedusa, sulle strade e soprattutto al porto dove i moli sono letteralmente pieni. Non sono mancati, infatti, momenti di tensione tra i migranti, in fila per ore per un pasto e dell’acqua, e i volontari della Croce Rossa (circa 130). Nei momenti più difficili le forze dell’ordine sono dovute intervenire per riportare ordine anche con una leggera carica. Si spera che la situazione migliori dopo i trasferimenti previsi a Porto Empedocle.
Cosa dice la politica
Come ha reagito il mondo della politica all’ennesima emergenza migranti? Tralasciando le dichiarazioni di chi ritiene che quest’ultima emergenza sia il frutto di un disegno prestabilito, la maggior parte dei nostri leader politici ribadisce la necessità di agire in modo determinato e veloce. Cosa fare a riguardo? A destra si insiste sulla necessità di evitare gli sbarchi sulle nostre coste, a sinistra si invoca la Convenzione di Dublino. In ogni caso, il sostegno dell’Unione europea è considerato essenziale.
E’ evidente che gli accordi presi finora con i Paesi a sud del Mediterraneo dai quali partono le imbarcazioni che poi arrivano sulle nostre coste non hanno avuto gli effetti desiderati. Quanto all’Europa, la sensazione è che l’Italia non sia sempre sostenuta come dovrebbe essere.
Altra prospettiva è quella che suggerisce la Convenzione di Dublino della quale si sente parlare sempre di più.
La Convenzione di Dublino
La Convenzione di Dublino è un trattato internazionale sul tema del diritto d’asilo firmato nel 1990 da 12 Paesi facenti parte dell’Unione europea (Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna e Regno Unito). A questi Paesi successivamente si aggiunsero Austria, Svezia e Finlandia. Il trattato affronta quello che è il tema della competenza nell’esaminare le domande dei richiedenti asilo e ha introdotto il concetto di primo paese d’ingresso.
Successivamente, nel 2003, venne approvato il regolamento Dublino II che trasformò il diritto d’asilo in competenza comunitaria. Pur ribadendo il concetto di primo paese d’arrivo, il nuovo trattato coinvolgeva tutti gli Stati dell’Unione insieme a quattro paesi non comunitari Svizzera, Liechtenstein, Norvegia e Islanda.
Nel 2014 entra in vigore il Regolamento Dublino III che conferma i principi di fondo dei precedenti accordi apportando alcune modifiche. Il nuovo regolamento, infatti, stabilisce, tra l’altro, il divieto di presentare domanda di asilo in più di un paese, una revisione dei termini per il ricongiungimento familiare e maggiori tutele per i minori.
Del sistema Dublino, così è chiamato l’insieme di regole che norma il diritto di asilo in Europa, fanno parte anche l’archivio delle impronte digitali dei richiedenti asilo e di quanti hanno cercato di oltrepassare illegalmente una frontiera esterna dell’Unione.