Nel periodo degli stati combattenti (453 a.C. – 221 a.C.) innumerevoli pensatori caratterizzarono l’attività culturale della Cina, alcuni di questi erano alla ricerca del perfetto modello sociale da adottare, tra loro c’erano i seguaci della scuola moista, che sotto la guida del carismatico maestro Mozi, abbracciavano uno stile di vita comunitario e del tutto rivoluzionario, che caratterizzerà la cultura cinese fino ai giorni nostri.
Mozi è molto noto anche in occidente, viene spesso considerato il maestro del cosiddetto “amore universale”, il suo pensiero e la scuola filosofica che nascerà da esso cerca di attuare in modo pratico l’egualitarismo, poiché secondo i moisti l’attuazione di questo principio è una condizione necessaria per vivere in una società dove regni la giustizia e la pace, e per permettere a ogni singolo individuo di raggiungere la propria soddisfazione.
L’amore universale predicato dal maestro Mo, non ha che niente a che fare con il sentimentalismo o con qualcosa che coinvolga l’emozione, esso invece è visto come un impegno che si è obbligati ad avere nei confronti del prossimo, per il bene della comunità e dei singoli individui. L’impegno costante di adottare questo modus operandi è dato dal fatto che Mozi non riteneva l’uomo tendete al bene, veniva infatti visto come un individuo fortemente portato verso il proprio interesse personale, che spesso va a discapito dell’interesse collettivo, atteggiamento questo che a l’ungo andare danneggia anche la stessa persona che adotta un modo di fare individualista.
“Il maestro Mo parlava in questi termini: Praticare la virtù dell’umanità verso gli uomini consiste nel dedicarsi a promuovere l’interesse generale e a sopprimere ciò che nuoce all’interesse generale. Ordunque, nel mondo cosa nuoce all’interesse generale?. È il fatto che i grandi stati attaccano i piccoli stati, che le grandi famiglie molestano le piccole famiglie, che i forti spogliano i deboli, che il gran numero opprime il piccolo numero, che i furbi imbrogliano gli ingenui, che i potenti trattano con arroganza gli umili: ecco cosa nuoce all’interesse generale. (…) ordunque consideriamo da quale principio sembrano provenire questi mali. Provengono forse dall’amore degli uomini, dalla sollecitudine per l’interesse degli uomini? Certamente si dovrà rispondere di no, e dire che certamente provengono dall’odio degli uomini, dalla ricerca della spoliazione degli uomini. Quale nome daremo al fatto che dappertutto nel mondo si odiano gli uomini e si cerca di spogliarli? Quello dell’assimilazione o quello della distinzione? Di certo quello della distinzione.”
L’ideale di uomo moista è colui che riesce ad affrontare i problemi del prossimo come se fossero i suoi stessi problemi, eliminando così l’idea di “differenziazione” in cui ognuno è separato dalle vicissitudini degli altri individui, per adottare “l’universale”, condizione nella quale non c’è più distinzione tra “mio” e “tuo”, sconfingendo così tutte le problematiche relative al nepotismo e a tutte le forme di favoritismo indebito.
Tutto ciò per Mozi è praticabile se l’individuo ha ben assimilato in sé la nozione della “volontà del Cielo”, infatti per i moisti, è possibile ottenere innumerevoli benefici grazie alle forze celesti solamente se si attua in modo pratico “l’amore universale”, viceversa demoni e fantasmi spartiscono punizioni. Tuttavia il popolo per riuscire ad adottare la vita ricca di moralità predicata da Mozi, avevano sempre secondo i moisti, bisogno della guida di governanti che prima e più di tutti adottassero questi principi, facendo così diffondere ideali morali che fossero adottati e accettati da tutti indistintamente.