La verità, vi prego, sul teatro. Sì, perché se riusciamo a capire cos’è il teatro allora l’amore vien da sé. Ma cosa hanno in comune? Se il teatro è il rapporto tra uno spettatore ed un attore, l’amore, nella pièce “Clôture de l’amour”, è quello che resta dopo una sepazione. Come spiega l’autore Pascal Rambert: Nella vita come nell’amore, mi rendo conto che tutto è ineluttabilmente legato alle contingenze e all’esaurimento del desiderio. Dopo aver vissuto una passione, bisogna forse obbligarsi a mettere la parola fine […] È terribile, ma quando ci si rende conto che ciò che è stato non esiste più, bisogna mollare. Eppure, credere che ci si possa mollare a vicenda è un’illusione. L’altro lo si porta sempre in sé e con sé (Testo raccolto da Patrick Sourd).
Il teatro mette il corpo su una scena, mentre è l’amore a permettere alla parole di avanzare verso l’altro per creare la relazione drammatica. Lo spettacolo si regge sullo sguardo tra Luca ed Anna, tra loro due e gli spettatori. «Lo sguardo è quello che permetteva di tenere insieme tutto» dirà lui. «Il nostro lavoro si basa sull’ascolto e lo sguardo, come l’ascolto lo sguardo è attivo e senza di lui niente si regge fra noi e chi guarda» risponderà lei. Tutta l’attività drammatica del testo si riduce ad uno scontro frontale, dialettico seppur incarnato nella presenza fisica degli attori. Dimostrando una sviluppata capacità di ascolto reciproco in grado di rendere intenso il rapporto tra di loro e quello con il pubblico. A Luca Lazzareschi ed Anna Della Rosa è affidato il compito di ribaltare continuamente la finzione, di essere due pugili in grado di sfidarsi sfruttando due linguaggi contrapposti. Un’incontro-scontro tra stili artici diversi, tra due modi diversi di sentire ed affontare la vita. Natura contro simbolo, paradossi sul lavoro dell’attore come paradossi dell’esistenza umana.
Il risultato dello spettacolo è una prova – in senso performativo – “infinita” della vita vissuta. Infatti, ci troviamo in una palestra e chi parla è sempre vicino alla sbarra degli esercizi. La presenza del bianco rimanda all’annullamento e alla negazione della relazione. Ciò si traduce nella sospensione dello spazio, nell’immobilità intrinseca del candore asettico legato al tentativo di Luca di separarsi chirurgicamente da lei. Di contrasto è il linguaggio poetico, viscerale, corporeo di Anna a sporcare e a dipingere con il sangue, lo sperma, il sudore, il vuoto creato dalla separazione, dando la vita allo spazio bianco. In mezzo, ci sono le fantasie, i desideri e le promesse che si traducono in un coro di bambini che spezzano la finzione teatrale per riportarci in un gioco della realtà e prepararci al finale, simbolico quadro dello scontro. Lo stesso autore sottolinea che il testo dello spettacolo si riferisce all’arte e al teatro e su cosa significa reggere la scena. Allora non esiste una separazione tra arte e vita? La parola prodotta dalla scena è un impulso stimolato dalla stessa realtà? A questa domanda non esiste una risposta, ma la visione dello spettacolo aiuta a definire la clôture, lo spazio vuoto, dove cercare una risposta.