I cunti del 1964
L’affare del Danso e altri cunti di Raffaello Di Mauro edito da 21lettere è l’ultimo lavoro dell’autore, finalista ai premi letterari Giuseppe Gioacchino Belli, Città di Castello, Premio Teramo e menzione di merito ai premi Calvino e 21racconti.
Il romanzo di Raffaello Di Mauro è un’avvincente raccolta di cunti, sedici storie ambientate in Sicilia che inizialmente sembrano scollegate tra loro. L’affare del Danso e altri cunti di Raffaello Di Mauro è un romanzo corale, in cui tutto e tutti si ricollegano. Ecco così che, accanto a Rocco Sapienza, il protagonista, ne emergono altri, come il maestro Giovanni Spartà, il giovane sindacalista Carmelo Spada, il viceparroco Gregorio Sanza e il podestà Aurelio Scornavacca.
Le storie, ambientate a Piedimonte, un paesino sull’Etna, si intrecciano con le vicende “americane” di Rocco Sapienza, di cui conosciamo i fatti dolorosi grazie a continui flashback che catapultano il lettore in vicende sempre nuove e ricche di pathos (scopriamo il suo dolore per la perdita dei familiari, l’impotenza davanti alle sbandate del destino e il sentimento della vendetta sfociato in un omicidio feroce).
Come di consueto, abbiamo chiesto all’autore di svelarci qualcosa in più sul suo romanzo e i personaggi che lo animano, con qualche piccola digressione sulla scrittura.
L’affare del Danso e altri cunti di Raffaello Di Mauro
Salve Raffaello, lei è nuovo qui a Cinquecolonne Magazine, si vuole presentare brevemente ai nostri lettori?
Sono nato a New York 59 anni fa ma vivo alle falde dell’Etna, a Piedimonte Etneo.
Sono un emigrato di ritorno.
La mia passione per la lettura e per la scrittura ha incontrato l’amore – non incondizionato – per la Sicilia.
L’Isola del Sole è terra di miti, di racconti, di metamorfosi e di incantamenti, ma anche di duri contrasti, di decadenza e di marginalità.
La professione di architetto, esperto in restauro di beni monumentali e artistici, mi tiene ancorato alla realtà, il lavoro di scrittore mi regala il sogno di dirigere una squadra di personaggi immaginari, con la possibilità di partire insieme a loro alla ricerca del racconto o della sequenza perfetta di parole.
L’affare del Danso e altri cunti racchiude sedici storie, tutte legate tra loro. Possiamo anticipare ai lettori qual è il filo rosso che le unisce?
La struttura de “L’affare del Danso e altri cunti” è essa stessa oggetto di una ricerca personale. Il tema era quello di trovare un punto di contatto, posto che possa esistere, tra il romanzo e la raccolta di racconti. Come scrittore mi piace provare nuove strade, rompendo la “perfezione” del romanzo codificato nelle forme proposte dalle scuole di scrittura e promosso da molti editori. L’omologazione culturale che spesso ritroviamo nella scrittura è la stessa che abbiamo imparato ad accettare nelle altre arti. Persino la tecnologia – vedi il capitolo intelligenza artificiale – va nella direzione di rendere tutto omogeneo e replicabile, seguendo un criterio che è l’opposto dell’invenzione artistica e dell’originalità.
Il lettore de “L’affare del Danso e altri cunti” viene pian piano coinvolto dalle storie che, nella prima parte del libro, sembrano mantenere una certa autonomia. Nel corso della lettura ogni cunto si riannoda a quelli precedenti, assumendo così il libro la struttura di romanzo corale, dove il personaggio principale, piuttosto che Rocco Sapienza o il suo alter ego il maestro Giovanni Spartà, è il genius loci etneo.
Il suo libro è ricco di termini ed espressioni sicule. Cosa risponde a chi pensa, come la scrittrice Anne Lamott, che i romanzi intrisi di dialettismi, specialmente nei dialoghi, sono difficili da leggere e stancano il lettore?
È un punto di vista. La Lamott ha anche scritto che la cioccolata fondente, oltre il 75% di cacao, non può essere considerata cibo: neanche su questo sono d’accordo e con me i maestri cioccolatai di Modica e di Torino.
La Lamott, mutatis mutandis, è la Baricco d’America. Il mio pensiero sulle scuole di scrittura è che, con le migliori intenzioni, smussano stili personali, ossessioni creative e talenti obliqui fino a renderli “commerciali”, allineati e pronti per il main stream e per il mercato.
Antonio Pennacchi ha scritto Canale Mussolini semplicemente ignorando la Lamott e, dopo una travagliata vicenda editoriale, ha vinto il premio Strega nel 2010. La scrittura del libro di Pennacchi – che ho molto apprezzato – include parecchi dialoghi nei dialetti emiliano e laziale. Tra tanti scrittori indifferenti alla considerazione della Lamott mi vengono in mente anche Camilleri, Sciascia, Consolo, Pasolini, Fenoglio, Canetti.
Tornando a “L’affare del Danso e altri cunti” direi che si tratta di un testo scritto in italiano, con una certa inclinazione poli – linguistica per l’inclusione di termini siciliani, ma anche anglofoni e celtici. La parola segue l’azione e l’opera mantiene una buona leggibilità in quanto la narrazione è costruita attorno ai personaggi e alla loro lingua che, di solito, si spiega da sola; in pochi e necessari casi il lettore viene aiutato con note a piè di pagina.
Parliamo un po’ di uno dei suoi protagonisti, Rocco Sapienza, che si macchia di un omicidio. C’è qualcosa che possiamo svelare ai lettori? È una figura che si evolve nella storia, che subisce cioè un cambiamento?
Il tema della metamorfosi è centrale nel racconto. Rocco Sapienza, il maestro Spartà, il vice parroco don Gregorio Sanza, ciascuno di loro subisce una profonda evoluzione. Ma è soprattutto Rocco Sapienza a manifestare i cambiamenti più significativi. La povertà lo costringe ad emigrare dalla Sicilia, staccandolo dalla terra che amava e che era il lascito del padre. L’America gli presenta il conto: una vita dura e di sfruttamento al limite della schiavitù; Rocco si chiude in sé, reagisce con violenza alle violenze. Poi la crisi del ’29, la fame, l’opportunità di fare soldi vendendo i vietatissimi superalcolici, la guerra contro le bande degli irlandesi di Hell’s Kitchen. Fino a quando non è costretto a rientrare in Sicilia in modo rocambolesco.
Le sofferenze patite e gli sbagli fatti fanno di Rocco un uomo nuovo. Il suo ritorno in Sicilia coincide con la sua rinascita morale e sociale.
Le vicende dei suoi ultimi romanzi si svolgono nella sua amata Sicilia e si richiamano sempre a fatti storici realmente accaduti. Vale lo stesso anche per i protagonisti oppure questi sono figure di pura fantasia?
I personaggi dei miei romanzi sono frutto di pura fantasia, ma, allo stesso tempo, raccolgono modi di fare, tic, linguaggio e postura da persone reali. La memoria di quello che abbiamo vissuto e ascoltato, dentro di noi si trasforma, cresce fino a diventare moderno mito.
La scrittura diventa allora racconto del mito trasferito sulla carta e per questo capace di salvare brani della memoria collettiva ormai orfana della tradizione orale dei cunti.
Il contesto storico nel quale si svolge l’azione è frutto di ricerche, di lettura di opere storiografiche e di ritrovamenti – più o meno fortuiti – di oggetti “a reazione poetica”, documenti dimenticati, lettere e altro.
In qualche occasione i personaggi sono nati ascoltando storie di persone realmente vissute, a modo loro memorabili per eroismo e meschinità.