Raccontarsi
La Vita Ostile di Raffaele Mutalipassi è un libro appassionante, nato da un’esigenza personale e dal desiderio di fare un dono ad una persona cara. La vita dell’autore è un’esistenza costellata di eventi ed avventure dentro e fuori l’Italia, in una cornice storica lunga quasi settant’anni. La lettura è scorrevole e coinvolgente, perché nelle sue storie ci ritroviamo un po’ tutti. L’autore, infatti, ci parla della sua generazione e delle sue battaglie, di cosa significa emigrare, dei giorni nostri, della digitalizzazione e…ovviamente del COVID.
Abbiamo scelto di intervistare Raffaele Mutalipassi, perché il titolo ci ha incuriositi e la sua autobiografia l’abbiamo trovata interessante e ricca di spunti su cui riflettere. Anche questa volta, la nostra redazione dà spazio a scrittori emergenti e aspiranti che hanno saputo raccontare in modo nuovo e accattivante l’ordinario e, in questo caso, lo straordinario…
La Vita Ostile di Raffaele Mutalipassi: intervista all’autore
La Vita Ostile è la sua prima opera. Cosa l’ha spinta a scrivere un libro sulla sua vita?
Il libro è un’autobiografia dedicata soprattutto a mia figlia di 20 anni che ha vissuto da sempre lontano dall’Italia affinché conosca e rifletta sulle radici di suo padre e della mia famiglia di origine. Quando un paio di anni fa sono andato in pensione mi sono accorto che lei non mi conosceva. Come padre assente mi sono sentito nella obbligazione di dedicarle questo libro. Ovviamente l’ho fatto anche per me. Arrivato a settanta anni, con l’impalpabilità delle cose della vecchiaia, ho sentito la necessità di fare un po’ d’ordine attraverso la rigorosa cronaca della mia vita. Questa è un’età importante per tutti. A questa età si fa il bilancio della propria esistenza e in tutta franchezza mi sono accorto di essere stato molto fortunato e che quello che ho fatto non è stato del tutto inutile.
Gli scaffali delle librerie sono zeppi di romanzi gialli, fantasy e romance. Le biografie si leggono poco. Qual è “l’ingrediente” della sua autobiografia che secondo lei può invogliare il lettore ad acquistare il libro e a conoscere la sua vita personale?
Come detto il libro è stato scritto per fini diversi da quelli commerciali. Comunque, penso che il libro sia una biografia ricca di sfumature che possa rappresentare l’esperienza umana. Francamente credo di aver avuto una vita straordinaria, fuori dal comune. Un filosofo diceva che: la lunghezza della vita si misura dal numero dei giorni diversi tra loro che un individuo ha vissuto. Tutti gli altri giorni, quelli uguali, non contano; e la maggior parte dei miei giorni sono stati diversi tra loro. Tuttavia, il libro non parla solo della mia vicenda personale, ma rappresenta lo specchio della mia generazione che è stata unica e che a poco a poco sta scomparendo. La generazione artefice della più grande rivoluzione giovanile dell’umanità, quella del ’68, con tutti gli stravolgimenti che ne sono conseguiti; la prima cresciuta con la televisione e che, poi, è stata protagonista anche della globalizzazione e dell’era digitale. Una generazione, infine, che è stata messa a dura prova dal COVID, in quanto la più esposta e la più colpita, cioè la più grande minaccia collettiva che il destino potesse riservarci. Credo, in definitiva, che il libro possa rappresentare una lettura piacevole sia per i padri che per i figli. Per i padri affinché possano ritrovare certe atmosfere degli anni ’50 e 60’ quando la vita era meravigliosa e per i figli, all’inizio del loro percorso, affinché possano conoscere il riscatto di un ragazzino che da una frazione di un piccolo comune del Cilento, una delle zone più retrograde d’Italia, giunge a Roma con la propria famiglia nel pieno del boom economico degli anni ’60, e che da lì, nonostante tutti i suoi complessi e le grandissime difficoltà, inizia la sua grande, avventurosa, cavalcata di vita.
Nella sinossi del suo libro lei parla di odio viscerale per gli italiani ma amore per l’Italia. Cosa hanno gli italiani che proprio non funziona e non le va giù?
Si, il libro racconta anche il mio amore struggente per l’Italia e l’odio viscerale per gli italiani. Quando alla fine degli anni ‘70 me ne sono andato dall’Italia per andare a lavorare all’estero l’ho fatto perché volevo tagliare i ponti con l’Italia. Un paese che tradisce il proprio passato ed i propri figli. Gli italiani si erano dimenticati di me ed io mi volevo vendicare dimenticandomi di loro. Dopo una vita vissuta al di fuori dell’Italia ho capito che la prima grande opera d’arte che abbiamo è l’Italia stessa. Un capolavoro realizzato insieme dal Creatore e dalle antiche genti italiche. Solo gli italiani contemporanei non se ne rendono conto e fanno poco o niente per preservare tutto quello che i nostri avi ci hanno lasciato. Preservare questa bellezza garantirebbe ai politici italiani il favore popolare ed al popolo italiano un benestare perenne e la riconoscenza del mondo intero.
Che segno ha lasciato nella sua vita l’esperienza all’estero in paesi poco sviluppati?
Un segno indelebile tanto che ho deciso di vivere in Bolivia, America Latina, paese dove è nata la mia unica figlia. Esperti hanno analizzato da più di 600 fonti i principi morali e sociali dell’umanità. Si è scoperto che in tutto il mondo vengono osservate sette regole fondamentali: aiutare la famiglia, aiutare i membri del proprio gruppo, ricompensare il bene con il bene, esserecoraggiosi, obbedienza alla gerarchia, distribuire equamente le risorse e rispettare le proprietà altrui. Ecco a parte il principio di obbedienza alla gerarchia io mi ritrovo in tutti gli altri sei principi.
Che rapporto ha con la scrittura? L’ha scoperta per caso oppure è sempre stata una sua passione?
Io ho avuto da sempre un rapporto professionale con la scrittura. Nel senso che avendo lavorato, per quasi 40 anni, nella gestione, coordinazione e valutazione di programmi e progetti di cooperazione internazionale, finanziati soprattutto dall’Unione Europea, mi sono sempre dovuto occupare di redigere, nelle varie lingue, piani, progetti o rapporti di missione. Quindi, ho sempre avuto una certa dimestichezza con la scrittura anche se in un ambito molto diverso.
Quali sono state le difficoltà maggiori che ha incontrato mentre scriveva il suo romanzo?
Quando ho cominciato a scrivere il libro mi è venuto tutto di getto e sono arrivato alla fine senza soverchie difficoltà. Il libro è strutturato in 9 capitoli ognuno diviso per decadi (anni ’50, ’60 e così via) tranne il primo e l’ultimo. Il primo capitolo è dedicato alle mie origini con un nonno agricoltore che negli anni’30 vince la battaglia del grano nella provincia di Salerno e l’altro nonno emigrato a New York che fu l’unico dei suoi otto fratelli che fece ritorno in patria per farsi la sua famiglia e finire i suoi giorni al paesello d’origine. L’ultimo capitolo che ho chiamato il “Tempo della Consapevolezza” riguarda invece la vecchiaia dei giorni attuali e alcune considerazioni sull’Italia di oggi. Il libro è acquistabile su AMAZON.