Italia fanalino di coda in Europa quanto a lunghezza della loro vita lavorativa: gli abitanti della penisola sgobbano per 31,2 anni, quasi 7 anni in meno della media continentale. Solo gli islandesi (47,4 anni) sono più attaccati al loro impiego, secondo quanto emerge da una statistica pubblicata tre giorni fa da Eurostat, l’ufficio statistico dell’Unione europea. All’interno dell’Ue i lavoratori più assidui sono gli svedesi (41,3 anni), seguiti da danesi (40,3), olandesi (40,0), inglesi (38,8) e tedeschi (38,1), mentre i meno sollecitati sono italiani (31,2) e bulgari (31,7).
La vita lavorativa viene definita come la durata prevista che un 15enne rimarrà attivo sul mercato del lavoro. La media europea fra il 2006 e il 2016 è salita di quasi due anni, passando da 33,8 a 35,6 anni.
Sono dati che probabilmente non fanno riferimento ad uno dei principali problemi strutturali dell’economia italiana, ovvero la disoccupazione, con la conseguente difficoltà a trovare un impiego e la perdita di gran parte degli anni che potrebbero essere dedicati alla vita lavorativa, alla ricerca di un lavoro.
Si tratta, quindi, di una statistica che dovrebbe comunque far riflettere in quanto consacra ulteriormente il fallimento di decenni di pseudo riforme del lavoro che hanno portato solo ad una progressiva riduzione dei diritti dei lavoratori, ma non al programmato allungamento della vita lavorativa.