Il regista di “L’appartamento spagnolo”, Cédric Klapisch, torna sul grande schermo con “La vita è una danza” (BIM Distribuzione), una gioiosa commedia francese che insegna il valore della rinascita anche di fronte alle sfide più ardue, rivolgendo sempre lo sguardo verso il lato più luminoso della vita e abbracciando nuove opportunità. Protagonista del film la prima ballerina dell’Opéra di Parigi Marion Barbeau, qui nei panni di Elise, una promettente ballerina di danza classica che vive nella capitale francese insieme al fidanzato.
La vita è una danza, la trama
Dopo aver scoperto che il ragazzo la tradisce e aver subito un grave infortunio, la giovane donna intraprenderà un cammino verso la guarigione fisica ed emotiva che la condurrà fino in Bretagna, dove il calore dei suoi amici e un nuovo amore la metteranno di fronte alla possibilità di una rinascita.
Le parole del regista
“Non condivido quel lato oscuro e doloroso che spesso associamo al mondo della danza” – ha dichiarato il regista Cédric Klapisch – “Per molte persone, infatti, la danza classica è associata all’idea di sofferenza. C’è ovviamente del vero in questo: i corpi dei ballerini soffrono come quelli dei grandi atleti. Non nego i sacrifici che richiede. Ma ho preferito focalizzarmi più sull’idea della passione che del sacrificio. Non si può essere ballerini senza essere focalizzati sulla vita, perché ballare è soprattutto uno dei piaceri della vita. La storia del film si basa su un’idea di ricostruzione e rinascita, con il desiderio che ci sia bisogno di andare verso qualcosa di positivo e solare, qualunque siano gli sforzi per raggiungerlo. Potrei dire prevedibilmente che è un film sulla vita, – conclude – un film sul piacere profondo di chi balla e che nutre questo desiderio di elevarsi, di superarsi.”
“Élise ha le caratteristiche tipiche di una ballerina” – spiega la protagonista Marion Barbeau – “È una combattente, una persona fortissima che si è costruita una corazza intorno dopo la morte della madre. Ma il suo infortunio le insegnerà anche a domare le sue debolezze e a convivere con le sue fragilità. Questo è ciò che ho amato di più nella sceneggiatura: il fatto che Élise non si senta mai dispiaciuta per se stessa, nonostante quello che le succede.”