Verità sulla morte di Giulio Regeni è uno slogan che ormai sentiamo da tanto tempo eppure, dopo la pronunciazione del Tribunale di Roma della scorsa settimana, rischia anche di diventare uno slogan vuoto di ogni contenuto perché il processo è stato stoppato per l’impossibilità da parte delle autorità italiane di poter consegnare le notifiche agli imputati che, come sappiamo, sono tutti componenti dei servizi egiziani e sono stati finora irreperibili.
Quella di Giulio Regeni é una delle più brutte pagine mai scritte nell’ambito della cooperazione internazionale che pure tante vittime conta; brutta perché piena di punti oscuri non chiariti e che, forse a questo punto, non verranno chiariti mai.
Il ricercatore friulano prima rapito mentre sta uscendo tranquillamente dalla metro, poi torturato e, quindi, ucciso ed il cui corpo martoriato viene fatto ritrovare sul ciglio di una strada per caso è uno di quei casi internazionali che davvero lascia sgomenti anche a tanti anni di distanza dall’accaduto. Anni in cui si è visto solo la protervia egiziana e l’impotenza italiana.
In punta di diritto, sia chiaro, il responso del Tribunale non è solo legittimo ma anche dovuto per certi versi: si trattava di certificare che gli imputati si fossero sottratti volontariamente al processo ma ciò resta un rebus irrisolvibile se si pensa che queste persone gli inquirenti italiani, malgrado le reiterate rogatorie internazionali, non sono riuscite mai neppure a vederle da lontano. Fantasmi.
I “fantasmi” che vengono accusati di aver trucidato Giulio non sono stati mai a disposizione delle autorità giudiziarie e le notificazioni degli atti sono sempre ritornate al mittente. Volontà loro? Volontà dello Stato egiziano? Incapacità delle autorità giudiziarie italiane? Comunque la si voglia leggere la realtà non cambia, purtroppo.
Non spetta a noi certamente fare luce su questa vicenda, però, riportare la cronologia dei fatti può servire a fare una riflessione più proficua sulla sviluppo della situazione che ha portato a questa impasse.
La verità sulla morte di Giulio Regeni: la famiglia
La posizione della famiglia di Giulio sembra essere l’unica più leggibile e condivisibile. Nonostante i cinque anni trascorsi finora dalla sua morte, non si è mai piegata e non ha mai smesso di chiedere a gran voce che si potesse arrivare ad un processo. Ipotizzare, almeno, un processo per cercare di arrivare a fare giustizia per questo giovane che aveva dedicato la sua vita agli altri.
Un ragazzo che sperava di poter dare un contributo di civiltà con la sua opera di ricerca sul campo che, invece, lo ha portato ad essere considerato solo un pericolo da abbattere.
Quello che meno si capisce è l’intricata rete internazionale che ha protetto fin dall’inizio chi ha commesso quel delitto e tutto l’apparato di sviamenti e falsità che hanno accompagnato fin da subito le prime fasi dell’indagine.
Ancor meno si capisce, anche se in realtà è chiaro che la ragion di stato ha prevalso sulla giustizia, perché lo Stato italiano non sia riuscito a cavare un ragno dal buco in questa contesa internazionale e continuino imperterriti i rapporti diplomatici, commerciali e politici con chi ha avuto il solo scopo di ostacolare ogni ricerca possibile di verità.
Non si arrenda la famiglia di Giulio, come ha già ampiamente fatto sapere, e non arretrino anche gli attori sociali internazionali capaci di fare pressione, come non smetta l’informazione di continuare a parlare di Regeni e della sua storia così che non si possa far passare nell’oblio tutto.
Ci sarà pure, prima o poi, un giudice a Berlino, anzi no a Roma per dare giustizia a Giulio.