Dal 30 gennaio al 31 dicembre 2019, in occasione delle celebrazioni per il cinquecentenario leonardesco, la Fondazione Orsoline di San Carlo rende per la prima volta accessibile al pubblico La Vergine delle Rocce del Borghetto (1517-1520, tempera e olio su tela, 198 x 122 cm), opera di Francesco Melzi, allievo prediletto di Leonardo da Vinci.
La tela – copia fedele del dipinto conservato al Louvre e prima d’ora esposta pubblicamente per poche settimane nel dicembre 2014 a Palazzo Marino, accanto alla Madonna Esterhazy di Raffaello – sarà eccezionalmente visibile grazie a speciali visite guidate nella Chiesa di San Michele del Dosso, dove è attualmente custodita, all’interno del convento della Congregazione Orsoline di San Carlo a Milano (di fronte alla basilica di Sant’Ambrogio).
A metà dell’Ottocento una nobildonna milanese della famiglia Belgiojoso donò il dipinto all’oratorio di Santa Maria dell’Assunta, nella “viuzza del Borghetto”. Nel 1886 l’oratorio fu acquistato dalla Congregazione Orsoline di San Carlo, che lo inglobò in un edificio scolastico. In epoca recente La Vergine delle Rocce è stata spostata dalla collocazione originaria, nella chiesa del collegio di viale Majno angolo via Borghetto, alla chiesa di San Michele sul Dosso, interna al convento di via Lanzone, dove è ora visibile.
L’opera, copia di alta qualità formale della celebre Sacra Conversazione leonardesca, è fedele all’originale nelle dimensioni, ma è realizzata su tela rettangolare e non su tavola centinata.
“Sono rarissimi i dipinti (se ne contano tre) oggi conservati in prestigiose collezioni d’arte, – spiega Raffaella Ausenda, curatrice del catalogo edito per l’occasione da Skira – considerati dagli studiosi specialisti copie coeve d’alta qualità formale del capolavoro leonardesco entrato nella collezione dei re di Francia. E, anche confrontandola con queste, La Vergine delle Rocce del Borghetto le supera: è assolutamente straordinaria nella perfetta misura dell’opera, nel materiale pittorico e nella qualità del disegno delle figure. Nella loro posizione, nella cura nel panneggio e, soprattutto, nella fine bellezza dei loro dolcissimi volti, il modello leonardesco resta vivo”.
Carlo Pedretti, uno dei massimi esperti leonardeschi, l’ha analizzata con cura e ne ha pubblicato i risultati nel catalogo della mostra del 2000, Leonardo da Vinci – scienziato, inventore, artista, organizzata dal Museo Nazionale Svizzero di Zurigo. In quell’occasione il dipinto viene considerato databile all’inizio del Cinquecento e attribuito con quasi certezza a Francesco Melzi, nobile lombardo, raffinato pittore, intimo compagno di Leonardo dal 1510 e con lui in Francia dal 1517 al 1519, anno della morte del maestro. Il nome del Melzi è celebre in qualità di esecutore testamentario di Leonardo e per aver riportato in Lombardia, prima del 1523, tutti i manoscritti e gli “Instrumenti et portracti circa l’arte sua e l’industria de’ pictori”.
I risultati del restauro di pulitura e conservazione avviato nel 1997, insieme all’analisi dei colori e della tela realizzata dal Dipartimento di Fisica del Politecnico e agli esami fotoradiografici del Laboratorio fotografico della Soprintendenza, hanno portato a ritenere che laVergine delle Rocce del Borghetto sia una copia realizzata da un discepolo, forse sotto l’occhio vigile del maestro, alla presenza del dipinto di Leonardo ora al Louvre.
La radiografia, la riflettografia e l’analisi chimica delle materie hanno poi fatto emergere unaqualità fisica dei colori riconducibile alla tecnica pittorica scientifica leonardesca, in cui l’uovo, alcuni oli e collanti sono usati sapientemente per creare un preciso risultato cromatico sia nel tono sia nell’effetto luminoso della pittura.
L’uso della tela farebbe infine ritenere che il dipinto, forse dunque eseguito in Francia dal Melzi, fosse destinato a essere trasportato. E, come affermato da Carlo Pedretti, “… a Leonardo non sarebbe dispiaciuto che una buona e fedelissima copia rientrasse a Milano …”.
Allo stesso modo che nella Vergine delle Rocce al Louvre, nella versione del Borghetto la scena si svolge all’aperto, davanti a rocce che formano un’abside di architettura naturale; al centro è inginocchiata la vergine Maria con la testa reclinata, che poggia la mano destra sulle spalle di San Giovannino e porge la sinistra in avanti, sopra il capo di Gesù bambino, benedicente e rivolto verso Giovanni. L’arcangelo Gabriele adolescente, inginocchiato dietro Gesù, gli accompagna dolcemente la schiena e, rivolgendosi verso gli osservatori, indica Giovanni.
Come la Vergine delle Rocce del Borghetto, arrivata in Lombardia, sia passata dalla famiglia di Francesco Melzi ai Belgiojoso, ancora non è noto.
Ma nonostante le vicende incerte del dipinto e la storia travagliata delle due versioni originali, ora lontane dall’Italia, oggi per i milanesi e gli appassionati di da Vinci è possibile ammirare in piazza Sant’Ambrogio una straordinaria versione cinquecentesca del capolavoro leonardesco.
L’apertura al pubblico della Chiesa di San Michele del Dosso e le visite guidate alla Vergine delle Rocce del Borghetto sono rese possibili grazie al contributo di Creval – Credito Valtellinese.