Verrà presentato oggi a Johannesburg, l’International Property Rights Index 2018 (Indice Internazionale sulla tutela dei Diritti Di Proprietà). Lo studio realizzato dalla Property Rights Alliance, di cui fa parte il think thank italiano Competere.eu, misura come viene tutelata la proprietà in oltre 125 paesi rappresentanti il 98 per cento del Prodotto Interno Lordo mondiale ed il 93 per cento della popolazione.
L’Italia si colloca al cinquantesimo posto della classifica, dopo il Botswana e subito prima della Jamaica, perdendo una posizione rispetto all’anno precedente e ben 10 rispetto al 2014 con un punteggio finale di 5.9. Il nostro paese rimane ben distante dagli altri Paesi del G7 ed è ancora più staccato dai Paesi che guidano classifica quali la Finlandia (8.7), la Nuova Zelanda (8.6), la Svizzera (8.6), la Norvegia (8.5) e Singapore (8.4) che occupano le prime cinque posizioni dell’indice internazionale.
L’indice si compone di 3 voci principali che riguardano il “sistema politico e giuridico”, la “tutela dei diritti fisici” e la “tutela dei diritti intellettuali”. Per la prima volta, gli Stati Uniti non sono più al 1° posto per quanto riguarda la voce “tutela della proprietà intellettuale” cedendo alla Finlandia questo primato. L’Italia è insufficiente nelle prime due voci, soprattutto per quanto riguarda la stabilità politica e l’efficienza e l’efficacia della giustizia civile, oltre agli alti livelli di corruzione percepiti, e la tutela della proprietà fisica dove non riesce ad andare oltre a un punteggio di 5.9. Riesce a strappare un discreto risultato per quanto riguarda la tutela della proprietà intellettuale grazie anche ad alcune recenti modifiche normative e l’impulso dell’Unione Europea.
“I diritti di proprietà – dichiara il Segretario Generale di Competere.eu Roberto Race- sono un indicatore chiave del successo economico e della stabilità politica e una componente fondamentale dell’innovazione. Non è un caso, infatti, che ai primi posti di questo speciale indice si trovino da anni i paesi che innovano di più, come quelli Scandinavi, gli Stati Uniti, Singapore e la Svizzera. Non ha senso parlare di attrazione degli investimenti esteri e della competitività del nostro tessuto industriale senza tener conto della tutela della proprietà intellettuale.
Le nostre Pmi, poi, sono spesso impreparate rispetto alle sfide legate alla proprietà intellettuale poste dalla competizione nei mercati internazionali.
E fondamentale che il Governo e il Parlamento ne prendano atto, e al di là dei partiti, sostengano le nostre aziende con misure a supporto della difesa della proprietà intellettuale. In altri paesi la tutela della proprietà intellettuale di molti settori produttivi rientra spesso nell’Interesse Nazionale. Sarebbe importante che avvenisse così anche in Italia”.
Il presidente dell’Institute for Liberty and Democracy di Lima Hernando De Soto, e sostenitore della Property Rights Alliance, ha commentato così i risultati dell’indice: “i sistemi di diritti di proprietà deboli non solo le economie cieche non realizzano l’immenso capitale nascosto dei loro imprenditori, ma li trattengono da altri benefici come evidenziato dalle potenti correlazioni dell’indice di quest’anno: libertà umana, libertà economica, percezione della corruzione, attivismo civico e persino la capacità di connettersi a internet, per citarne alcuni”.