La tossina tifoide, causa di febbre enterica o tifo addominale e associata all’insorgenza di enteriti e nei casi più gravi di tumore epatobiliare, risulta avere sorprendentemente una funzione immuno-modulatrice, ossia riduce la risposta infiammatoria a livello intestinale, impendendo nella prima fase dell’infezione lo sviluppo di gravi enteriti. A dimostrarlo uno studio pubblicato su Plos Pathogens, realizzato da un team di ricerca internazionale che coinvolge 5 Paesi e 7 diverse istituzioni tra cui il Consiglio nazionale delle ricerche con l’Istituto di tecnologie biomediche (Itb-Cnr) di Segrate (Milano) e l’Istituto di biofisica (Ibf-Cnr) di Trento.
“La genotossina enterica prodotta dal batterio Salmonella Typhi è portatrice di un’infezione cronica e risulta associata all’insorgenza del tumore epatobiliare. Diversi studi hanno riportato che alcune infezioni croniche sono prodotte dall’azione diretta di tossine batteriche che, causando danni al DNA, possono anche portare alla progressione tumorale“, spiega Clarissa Consolandi, ricercatrice dell’Itb-Cnr che ha partecipato allo studio. “Il nostro gruppo di ricerca ha valutato gli effetti dell’infezione in vivo in modelli murini, scoprendo che la tossina tifoide espressa in vivo inaspettatamente favorisce la sopravvivenza dell’ospite (il topo infettato), e risulta anche associata ad una significativa riduzione di gravi enteriti nella prima fase dell’infezione, consentendo ai batteri di rimanere nell’ospite senza causare l’insorgenza di patologie“.
L’uomo è l’unico vettore della febbre tifoide che, se non trattata, ha un tasso di mortalità superiore al 10%. “Durante l’infezione, nei soggetti affetti da questa malattia, i batteri passano nel sangue e nell’intestino, poi nelle feci e nelle urine, permettendo la trasmissione dell’infezione ad altri individui e causando come abbiamo detto anche lo sviluppo della patologia tumorale a carico di fegato e bile. “Pertanto, risulta a questo punto fondamentale analizzare a fondo la correlazione tra infezioni batteriche e sviluppo tumorale, per poter, in futuro, procedere a mettere a punto trattamenti preventivi e curativi sull’uomo“, conclude la ricercatrice.