La genesi della tombola nasce dal simbolismo antico legato ai numeri e più precisamente alla cabala; termine, con il quale si identificano le dottrine mistico- esoteriche ebraiche riferite a Dio e all’universo rivelate a un certo numero di persone e tramandate per generazioni.
Secondo i principi della cabala nella Bibbia parole e numeri avrebbero un significato nascosto dal simbolismo. Da qui le tesi secondo cui era possibile, utilizzando la relazione fra lettere e numeri, calcolare un numero preciso corrispondente ad una determinata parola e così facendo interpretare i sogni e i segni dell’universo.
Un avvenimento particolare, un sogno o qualsiasi altra esperienza ritenuta rilevante può, in questo modo, essere tradotta in numeri. La pratica è ancora molto diffusa nella tradizione napoletana, spesso e volentieri si tenta la fortuna al gioco del lotto avvalendosi delle indicazioni della Smorfia.
A Napoli si usa ancora “fare i numeri” se in presenza di un avvenimento o sogno di particolare stravaganza. Non a caso si usa l’accezione “Cose da fare i numeri” se qualcosa ci sembra un po’ strano.
La Tombola quindi è figlia del lotto e del simbolismo legato a quest’ultimo. Benché il gioco del lotto non nasca a Napoli ma a Genova nel 1539, è nel capoluogo partenopeo che viene tradotto in gioco da tavola.
Nel 1734 re Carlo di Borbone, nel quadro del suo progetto di sviluppo socio-culturale, aveva in programma di ufficializzare il gioco del lotto, questo per evitare che continuasse ad essere gestito clandestinamente, cosa che non agevolava le finanze del Regno. Il progetto incontrò un fervido oppositore, Gregorio Maria Rocco, un frate domenicano di grande carisma che contestava eticamente il progetto del Re. Il frate riteneva moralmente deplorevole introdurre il gioco del lotto in un regno cattolico, tuttavia, la polemica si affievolì quando il Re fece presente al frate che, se giocato clandestinamente, il lotto avrebbe sottratto danaro ai sudditi, in misura maggiore e col rischio di arrecare danno agli stessi. La querele fra i due si concluse con un patto: il gioco sarebbe stato sospeso nelle festività natalizie affinché il popolo non fosse distratto e potesse dedicarsi alla preghiera. I sudditi napoletani, però, creativi e affezionati al passatempo, pensarono bene di tradurre il gioco del lotto in un divertimento fatto in casa. I novanta numeri del lotto vennero infilati in cestini di vimini detti “panarielli” , ognuno si disegnò delle proprie cartelle con numeri scritti a caso e la tombola divenne così figlia del matrimonio fra il gioco del lotto e la fantasia popolare.
La parola deriva proprio dal tombolare, roteare e capitombolare dei numeri nel paniere, cosa che si usa fare prima di estrarre il numero da proclamare.
Un gioco che ha fatto il giro del mondo ed è tornato indietro sotto forma di Bingo, le sale bingo nate negli ultimi anni in tutte le regioni italiane sono espressione tipica di mercificazione della tradizione antica ma allo stesso tempo ci danno l’idea che, in qualsiasi modo venga chiamato, è un gioco tanto antico quanto attuale.
Il significato attribuito ai numeri varia di regione in regione, ma quello napoletano spicca per le allusioni e l’eccessivo folklore.
Non rara è la cosidetta “Tombola dei Femminielli” che si gioca nei quartieri popolari di Napoli. Si tratta di una versione smodatissima del gioco alla quale possono partecipare solo donne e omosessuali ( in napoletano femminielli), gli uomini devono necessariamente rimanere a guardare fuori la porta.
Il femmeniello, nella tradizione napoletana, porta buona sorte (ciorta), estrae i numeri interpretando una versione sguaiata e rumorosa dello stesso aggiungendo un tocco di allusione sessuale. La più famosa è quella del 69 “Comme ‘avuote e comme ‘o ggire, sempe sissantanove è” (ad litteram: “come lo volti o come lo giri sempre sessantanove è”).
Il numero può anche non essere espresso palesemente, sostituendo la proclamazione all’enunciazione del suo significato e ad ogni numero estratto il significato viene concatenato con quello dei numeri successivamente estratti creando storie diverse.
Un gioco insomma adatto a grandi e piccini e, considerata la scarsa attenzione di cui necessita, indicato per il dopo cena/pranzo delle festività che, si sa, sono famose per la lungaggine delle tavolate napoletane accompagnate sempre da un buon bicchiere di vino.