Di Matteo Renzi tutto si può dire tranne che non pensi intensamente a comunicare e, nell’era della medialità spinta e del full HD, è davvero “educativo” ripassare i suoi discorsi e cercare di leggerli agiograficamente rispetto al contesto cercando d’individuare il ‘core’ delle sue affermazioni. Abbiamo, quindi, voluto fare un’ opera di ricostruzione del suo discorso sulla riforma della scuola estrapolando le affermazioni a raffica e lo abbiamo tabellizzato come segue:
- “Noi non facciamo l’ennesima riforma della scuola. Noi proponiamo un nuovo patto educativo. “.
- “Nel “patto educativo” per la scuola “proporremo agli insegnanti di superare il meccanismo della supplentite, ma gli scatti di carriera basati solo sul merito e non sull’anzianità”.
- “Nella scuola metteremo più soldi, ma facendo comunque tanta spending review”: perché gli sprechi sono inaccettabili soprattutto nei settori chiave. Continueremo a investire sull’edilizia scolastica, sbloccando il patto a quei comuni che hanno progetti cantierabili”.
- “Dal 15 settembre al 15 novembre ascolteremo tutti, a cominciare dagli studenti”
- “Chiederemo alle famiglie e agli studenti se condividono le nostre proposte su quelli che quando andavamo a scuola noi chiamavamo il programma: dalla storia dell’arte alla musica, dall’inglese al coding”.
- “Chiederemo ai presidi di fare di più, aumentando competenze e responsabilità, ma snellendo la struttura amministrativa attraverso un percorso di digitalizzazione procedurale spinta”.
Analizziamo. Ciò che salta subito all’occhio è il tempo utilizzato nel discorso. Tranne la prima, che è un’affermazione coniugata al presente per dare forza al discorso stesso, tutte le altre vengono proposte solo ed esclusivamente al futuro. Si dirà, bella forza, è una riforma da fare e perciò parla al futuro. In realtà, il dato su cui vorremmo soffermarci è il senso di tante affermazioni fatte al futuro: tutte assumono, ineluttabilmente, la veste di promesse ma presentate come cose realizzate in una strategia comunicativa avvolgente che tende sempre ed in ogni caso e punto per punto a coinvolgere sempre gl’interlocutori del caso. Ora saranno i dirigenti scolastici, ora saranno i docenti, ora i genitori e ora gli studenti.
Tutti, appassionatamente, a dare forza non alla riforma ma al patto educativo che si stipula fra “pari”; ma istituzioni ministeriali, dirigenti, docenti, famiglie e studenti sono ‘pari’? Stanno alla pari?
Fictio comunicativa o puro caso? La risposta la lasciamo a voi.