Il successo della Street Art in Italia è sotto gli occhi di tutti, non solo dal punto di vista estetico e della fruizione dell’opera d’arte in spazi aperti e quindi a disposizione di un vasto pubblico, ma anche nella sua funzione sociale, di ricostruzione d’identita positive in luoghi un tempo degradati fisicamente e socialmente.
La Street Art va sempre più ridefinendo la sua funzione con scopi dichiarati di riqualificazione urbana. Vogliamo prendere come caso emblematico, tra le tante città italiane dove si è affermata, la città di Napoli.
La Street Art a Napoli si differenzia da quella di altre aree urbane. Spessissimo i suoi interventi non consistono nel coprire il grigiore e il vuoto dei muri, nel tentativo di cancellare le tracce del passato, con invenzioni pittoriche di straordinario effetto cromatico, come accade a Roma o Milano, ma tendono a integrare il nuovo con il vecchio, non nascondendo il degrado ma collocandolo in una dimensione altra che finisce per raccontare la storia segreta della città in un contesto nuovo.
Così assistiamo a una epifania delle immagini che si nascondono e si rivelano senza invadenza, poco per volta, nelle crepe dei muri, nei vecchi androni, sui parapetti di scale dissestate, nelle case fatiscenti dove di colpo scopriamo la bellezza laddove la fusione di tradizione e modernità ci restituisce la storia e la leggenda di un popolo.
E i Napoletani, proverbialmente così estroversi, si sono riconosciuti in questa discrezione che ne racconta la natura più intima. Pensiamo alla Madonna del Riciclo, seminascosta in via san Biagio dei Librai, il cui volto mistico ci guarda da una lamiera incastonata nella pietra di una residenza antica o ai volti femminili che Alice Pasquini nasconde tra le pietre e il cemento regalandoci una mappa di femminilità intensa, dolorosa e forte come quello che si trova in Calata Trinità Maggiore o agli omini di Exit/Enter piccoli abitanti di una città che li guarda e ne è guardata, disegnati con pochi tratti eppure espressivi e coinvolti nel tessuto urbano.
Un altro autore di grande impatto visivo e emozionale, Dooley, lavora sul degrado senza nasconderlo, inserendo nella dissoluzione dei materiali, negli interstizi delle facciate, nelle vecchie tracce del vissuto urbano i suoi interventi, traendo dalla realtà presente le forme del nuovo che le sovrappone e queste forme sono scheletri sottili e buffi che compiono azioni al limite del surreale. Per niente immagini di morte, si sposano con la passione della città per l’occulto e con l’ironia che sottende a Napoli ad ogni tragedia.
Anche a Napoli però troviamo murales imponenti come nel quartiere di Materdei. Partenope la sirena cantata da Virgilio che a Napoli è considerata come una divinità protettrice l’ha dipinta Francisco Bosoletti a piazza Sannazzaro, una figura imponente e mitica, creatura del mare che dispiega anche sulla terra la sua ala protettrice, nume tutelare della città al cui finanziamento ha contribuito l’intero quartiere.
Altri interventi li troviamo al quartiere Ponticelli, dove sulle facciate delle case popolari sono stati dipinti e progettati grandi murales, tra i primi eseguiti il soggetto scelto è stato quello di due ragazzini appassionati di calcio esibendo tutta la loro gioia; il volto di una bambina Rom con la scritta “Tutt’egual song’ e creature”, realizzato nella giornata internazionale dei Rom, con l’intento di superare qualsiasi tipo di pregiudizio; un pulcinella burattino per riaffermare il diritto dei bambini al gioco e all’infanzia protetta.
Né ci si può dimenticare dei Quartieri Spagnoli dove possiamo ammirare circa duecento murales realizzati negli ultimi anni dai Napoletani Cyop e Kaf. Anche qui le leggende antiche, intrecciate indissolubilmente alla storia della città, prendono vita sulle pareti per raccontarci una Napoli dell’ieri e dell’oggi proiettata nel domani.
In uno dei luoghi emblematici di Napoli, all’ingresso del Monastero di Santa Chiara, Ernest Pignon, un artista francese, ha attaccato una serigrafia rappresentante Pier Paolo Pasolini, interpretata subito da tutti come una potente Pietà laica. Pasolini tiene tra le braccia il suo stesso corpo straziato. Purtroppo l’opera è stata danneggiata eppure ancora oggi i suoi frammenti conservano la sua drammatica bellezza e il senso della sua denuncia.
La Street Art a Napoli ha il fascino speciale di una tecnica di racconto che vuole conservare tutte le complesse stratificazioni del tessuto urbano per quanto fatiscenti e dolorose, che vuole costruire un mosaico di colori e emozioni dove possa trovare posto anche lo smarrimento, anche la degradazione, perché dimenticare non ha senso, mettere a tacere col trionfo di enormi murales il grido della città non ha senso, così il grido resta lì, serpeggia in mezzo alla bellezza, alla speranza, per dirci più forte che altrove che il vuoto, il grigio ci stanno attaccati alle spalle come inesorabile baratro e che ricordarlo può solo costruire una più forte volontà di riscatto e di rinascita.
È lo splendido “memento mori” di questa invitta città che continua ostinatamente a celebrare la vita.