Le Vele di Scampia rappresentano un capitolo complesso e controverso nella storia dell’urbanistica italiana. Situato alla periferia nord di Napoli, il complesso edilizio delle Vele fu concepito negli anni ’60 come una risposta moderna alla crisi abitativa che affliggeva la città. Tuttavia, ciò che doveva essere un modello innovativo di urbanizzazione si trasformò ben presto in un simbolo di degrado sociale e architettonico. In questo pezzo esploreremo le origini, lo sviluppo e la trasformazione delle Vele di Scampia, analizzando le cause che hanno portato al loro fallimento e le iniziative attuali per la loro riqualificazione.
La Genesi del Progetto
Negli anni ’60, l’Italia stava vivendo un periodo di rapido sviluppo economico, accompagnato da una crescente urbanizzazione. Napoli, una delle principali città del Mezzogiorno, si trovava ad affrontare una grave crisi abitativa, con molti abitanti costretti a vivere in condizioni di sovraffollamento nei quartieri più antichi. Fu in questo contesto che nacque l’idea delle Vele di Scampia, parte del più ampio piano urbanistico di “Secondigliano” ideato dall’architetto Francesco Di Salvo.
Il progetto si ispirava alle teorie moderniste dell’architetto francese Le Corbusier, che vedeva l’architettura come uno strumento per migliorare la qualità della vita urbana. Le Vele, infatti, furono progettate per essere un esempio di architettura “razionalista”, con ampi spazi verdi e servizi comunitari pensati per favorire l’integrazione sociale. La forma iconica degli edifici, simile a quella di vele gonfiate dal vento, doveva rappresentare un segno distintivo nel paesaggio urbano di Napoli.
L’Evoluzione e il Declino
La costruzione delle Vele iniziò nel 1962 e si protrasse fino alla fine degli anni ’70. In totale, furono edificati sette blocchi, destinati ad ospitare circa 40.000 persone. Tuttavia, già dai primi anni si manifestarono i problemi strutturali e sociali che avrebbero segnato il destino del complesso. Innanzitutto, i materiali di costruzione scadenti e una pianificazione urbanistica inadeguata portarono rapidamente a condizioni abitative precarie. Gli ampi corridoi e gli spazi comuni, pensati per favorire la socializzazione, si trasformarono in luoghi pericolosi e poco controllabili, favorendo attività illecite e vandalismo.
Il contesto socio-economico di Scampia aggravò ulteriormente la situazione. La mancanza di opportunità lavorative e servizi adeguati spinse molti abitanti verso forme di economia sommersa e criminalità. Le Vele divennero presto sinonimo di degrado e marginalità, dominate da gruppi criminali che utilizzavano il quartiere come base operativa.
Tentativi di Riqualificazione
Negli anni ’80 e ’90, la situazione delle Vele attirò l’attenzione nazionale e internazionale, rendendo evidente la necessità di un intervento di riqualificazione. Il primo passo verso il cambiamento fu il Piano di Recupero Urbano di Scampia, avviato negli anni ’90, che prevedeva la demolizione di alcune delle Vele e la costruzione di nuovi complessi residenziali.
Nel 2003, il Comune di Napoli, insieme al Governo italiano, lanciò il “Programma di Recupero Urbano e Sviluppo Sostenibile” per Scampia. Questo piano ambizioso includeva non solo la demolizione di quattro delle sette Vele, ma anche la creazione di infrastrutture, servizi pubblici e spazi verdi. L’obiettivo era quello di trasformare Scampia in un quartiere vivibile e integrato nel tessuto urbano di Napoli, affrontando le problematiche sociali ed economiche che avevano segnato la storia del complesso.
Il Futuro delle Vele
Attualmente, il processo di riqualificazione è in corso e rappresenta una sfida significativa per le amministrazioni locali e nazionali. La demolizione delle Vele A, B, C e D è stata completata, mentre le Vele E, F e G sono oggetto di un progetto di recupero architettonico che punta a trasformarle in strutture destinate a servizi pubblici e residenziali di alta qualità.
Il quartiere di Scampia è stato oggetto di interesse anche grazie alla rappresentazione mediatica che ne ha fatto la serie televisiva “Gomorra“, basata sull’omonimo libro di Roberto Saviano. Questa esposizione ha contribuito a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità di intervenire per migliorare la qualità della vita degli abitanti.
La storia urbanistica delle Vele di Scampia è un esempio emblematico di come la pianificazione urbana possa influenzare profondamente il tessuto sociale di una comunità. Mentre il progetto originale si proponeva di offrire soluzioni abitative moderne e sostenibili, la realtà ha dimostrato che la mancanza di attenzione ai dettagli socio-economici e alle dinamiche sociali può portare a risultati disastrosi. Oggi, con gli sforzi di riqualificazione in atto, Scampia ha l’opportunità di riscattarsi e diventare un modello di rigenerazione urbana. Tuttavia, questo processo richiederà tempo, risorse e un impegno costante da parte delle istituzioni e della comunità.
p.s. : Per ‘Libero’ et similia, a parte l’inopportunità e la solita inutile opera denigratoria messa in atto, faccio presente che a Scampia non “ha perso l’utopia dell’urbanistica comunista” ma la civiltà che i soliti professori come loro non sanno nemmeno dove sta di casa, appunto. A volte invece di commentare fatti di cronaca, caro Libero, è meglio stendere un pietoso velo sulle proprie mancanze culturali e di tatto. Saper mettere un soggetto, un predicato ed un complemento di fila non significa fare giornalismo, soprattutto sulle tragedie altrui. Un po’ di vergogna, ogni tanto, provatela! .
Foto da Depositphotos