(Adnkronos) – Nel 2023 “la spesa farmaceutica totale è stata pari a 36,2 miliardi di euro, di cui il 68,7% rimborsato dal Servizio sanitario nazionale. La spesa territoriale pubblica, comprensiva di quella convenzionata e in distribuzione diretta e ‘per conto’, è stata di 12 miliardi e 998 milioni, con un aumento rispetto all’anno precedente del 3%.
La spesa farmaceutica nel 2023
Parlando della spesa per compartecipazione a carico del cittadino, questa è stata invece pari a 1 miliardo e 481 milioni, circa 25 euro pro-capite, dato in calo dell’1,3% dovuto alla riduzione del 2,5% del differenziale di prezzo rispetto al generico dovuto da chi acquista invece il farmaco ‘originator’. Aumenta invece dell’1,7% la spesa per i ticket sulla ricetta o la confezione. La spesa per i farmaci acquistati dalle strutture pubbliche è stata pari a 16,2 miliardi di euro e ha registrato una crescita dell’8,4% rispetto al 2022″.
Lo rileva il Rapporto OsMed 2023 ‘L’uso dei farmaci in Italia’ presentato oggi a Roma dall’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco. Cresce la spesa per i farmaci di fascia C pagati dai cittadini, “che nel 2023 hanno speso 7,1 miliardi pari a un +9,8% rispetto al 2022”. Il 54% della spesa (3,8 miliardi) è relativo a medicinali con obbligo di ricetta, il restante 46% a prodotti di automedicazione. Le categorie di farmaci di classe C con ricetta maggiormente acquistati dai cittadini nel 2023 si confermano essere le benzodiazepine, i contraccettivi orali e i farmaci per la disfunzione erettile per i quali sono stati spesi 250 milioni di euro – si legge nel report – Tra i farmaci di automedicazione, l’ibuprofene, seguito dal diclofenac, rappresenta il primo principio attivo per spesa. Tra i farmaci di fascia
Acquisti dei cittadini
A acquistati privatamente dai cittadini, l’amoxicillina in associazione all’acido clavulanico e il colecalciferolo risultano quelli a maggior spesa, con un incremento rispetto all’anno precedente, rispettivamente del 16,9% e 21,5%. Tra i farmaci da automedicazione la categoria più gettonata sono i derivati dell’acido propionico (Fans) con il 12,6% della spesa complessiva con un valore di 416,3 milioni di euro”. “I generici erano il 9% nel 2011, sono saliti al 22,8% in termini di spesa, al 31,2% in termini di consumi. Il trend di crescita negli ultimi 5 anni è tuttavia limitato (3 punti percentuali) e il consumo di generici in Italia resta basso, soprattutto se confrontato a quello di altri Paesi europei”, rileva il rapporto.
Secondo i dati Iqvia, l’Italia è infatti ancora terz’ultima in Europa, con i medicinali ex-originator che occupano ancora il 44,3% del mercato dei farmaci a brevetto scaduto. La media Ue relativa al consumo di generici è invece del 51%, con Paesi come la Gran Bretagna che sono al 60%. “L’Italia è invece prima per la diffusione del mercato dei biosimilari con l’80,8% del mercato dei farmaci biologici a brevetto scaduto. – ricorda l’Aifa – Nel ricorso ai farmaci a brevetto scaduto è evidente la profonda eterogeneità regionale, sia in termini di spesa che di consumo. In Calabria, Campania, Sicilia e Basilicata il ricorso agli equivalenti oscilla infatti tra il 19 e il 21%, mentre a Trento e in Lombardia i valori sono rispettivamente del 44 e 43%”.
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