La situazione attuale nella Striscia di Gaza può riassumersi con una semplice espressione: carestia imminente. Secondo l’ultimo rapporto dell’IPC, la carestia sta interessando fette di popolazione sempre più ampie. Se non si giungerà a un cessate il fuoco, la prossima estate l’intera popolazione di Gaza morirà di fame. Mentre la comunità internazionale invita a un cessate il fuoco per evitare l’insorgere di una situazione ritenuta inaccettabile, c’è chi accusa Israele di crimini di guerra. Finora lo stato di carestia era stato dichiarato altre due volte: nel 2011 per la Somalia e nel 2017 nel Sud Sudan.
Cos’è l’Integrated food security phase classification
Le Nazioni Unite, insieme a governi e Organizzazioni Non Governative di diversi Paesi, hanno elaborato, circa 20 anni fa, l’Integrated food security phase classification (IPC). Si tratta di uno strumento con una doppia funzione: la prima è misurare la gravità della malnutrizione e dell’insicurezza alimentare. La seconda è elaborare le risposte più adeguate per la soluzione dei problemi legati all’alimentazione. L’IPC stabilisce 5 livelli di insicurezza alimentare:
- Generale sicurezza alimentare
- Moderata insicurezza alimentare
- Acuta crisi alimentare e dei mezzi di sostentamento
- Emergenza umanitaria
- Carestia/catastrofe umanitaria
Il livello massimo, vale a dire carestia o catastrofe naturale, si raggiunge quando si verificano contemporaneamente tre situazioni:
- almeno il 20% delle famiglie si trova nella totale mancanza di cibo
- almeno il 30% dei bambini mostra segni di malnutrizione acuta
- si verificano 2 decessi di persone adulte ogni 10mila o di 4 bambini ogni 10.000 al giorno per fame o per malattie dovute alla fame
Qual è la situazione attuale nella Striscia di Gaza
Le ONG che operano sul territorio riferiscono che a Nord di Gaza la popolazione non ha cibo né acqua potabile. Alcuni degli abitanti della città sono costretti a cibarsi con mangime per animali o con l’erba che nasce lungo i bordi delle strade. Mancano anche elettricità e medicine. Intanto si stanno diffondendo malattie contagiose e sindromi respiratorie dovute alle polveri dei bombardamenti. Nei giorni scorsi un chilo di riso costava più di 30 dollari.
Al momento la condizione di carestia riguarda il 55% della popolazione di Gaza nord (a dicembre il problema riguardava il 25% della popolazione). Si prevede, inoltre, che entro luglio la popolazione colpita dalla carestia sarà il 70% di quella totale mentre da luglio in poi tutta la popolazione avrà esaurito le scorte di cibo.
La fame come strumento di guerra
Le ONG che operano sul territorio denunciano da mesi la difficile situazione a Gaza. L’arrivo degli aiuti umanitari è stato inizialmente impossibile e quando Israele ha accettato la creazione di corridoi umanitari ha imposto controlli minuziosi che durano anche giorni. La quantità di aiuti che riesce a entrare nella Striscia di Gaza è notevolmente inferiore rispetto a quella necessaria.
Una decina di giorni fa, l’Alto rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri Josep Borrell ha dichiarato che Israele sta utilizzando la fame come arma di guerra. Una prassi ricorrente fino alla seconda guerra mondiale e che dal 1977, con la Convenzione di Ginevra, è diventato un crimine di guerra. Borrell è stato l’unico esponente politico a essere così esplicito riguardo le responsabilità di Israele nella situazione a Gaza. Nessuna autorità in ambito ONU e Ue sembra abbia fatto eco a queste sue parole limitandosi a definire inaccettabile una simile situazione e a invitare a un cessate il fuoco immediato.
In copertina foto di hosny salah da Pixabay