Dopo l’incoraggiante successo della mostra di Madrid, arriva in Italia Yoje Dondich (Citta del Messico, 1952), figura originale nel panorama artistico messicano che, dall’inizio degli anni ’80, esplora il linguaggio pittorico sviluppando nuovi percorsi e interessanti soluzioni formali.
L’occasione per conoscerla è la mostra La sinestesia delle forme che, dall’8 marzo prossimo, è allestita nella storica sede di Palazzo Giureconsulti.
Organizzata da Must Wanted Group, ideatore del progetto espositivo che rientra in un’ampia attività di promozione e sostegno dell’arte messicana all’estero, l’esposizione, realizzata anche grazie alla collaborazione del Consulado de Mèxico en Milan, raccoglie una selezione di 14 opere che documentano il percorso di Yoje Dondich e costituiscono una sintesi della sua lunga ricerca nell’ambito dell’astrazione.
Yoje Dondich (ha studiato Psicologia, Disegno, Logoterapia e Interior Design) ha realizzato la sua formazione plastica con diversi maestri messicani e stranieri come Rolando Belfai, Isaac Stavans e Manuel Guillén. Il suo complesso vocabolario pittorico non si può orientare in un’unica direzione poiché il suo alfabeto è figurativo e astratto, surrealista e onirico. La molteplicità delle sue opere si deve per la maggior parte alla sua costante ricerca nell’esprimere i dubbi che sorgono nel mondo interiore e creativo. L’osservazione è un’azione costante ed essenziale del suo lavoro così come una delle intenzioni principali della sua arte è espandere la percezione dello spettatore verso un’esperienza sensoriale che gli permetta di scoprire altre sensazioni. Non è dunque casuale la scelta del titolo, La sinestesia della forma, nell’allusione al fenomeno sensoriale/percettivo che indica una “contaminazione” dei sensi.
Mentre i suoi inizi si caratterizzano con l’uso del disegno in opere di forte tendenza surrealista che, in seguito, ha anche materializzato in quadri a olio, negli anni Novanta il suo stile ha subito una svolta radicale verso il campo dell’astrazione. Si tratta di un insieme di opere che corrispondono a un momento di ricerca formale con la pittura, dove il colore, la linea, le forme e i tratti sono i principali protagonisti.
La mostra di Palazzo dei Giureconsulti prende il via con Ritorno, olio su tela del 1995 nel quale per la prima volta Dondich, che ha definito quest’ opera “un viaggio onirico verso l’astrazione”, ne utilizza i canoni realizzando una composizione caratterizzata da un forte dominio della linea e una misurata frequenza nell’integrazione del colore, alle quali aggiunge inoltre forme organiche.
Il percorso continua con la presentazione dell’evoluzione di queste esplorazioni, con opere che includono elementi surrealisti e geometrici. Si tratta di un insieme di lavori che evidenziano l’attrazione per la linea e le infinite possibilità che incontra nella pittura, l’interesse per le forme organiche e arabesche che abitano la composizione in modo indipendente e, infine, la ricerca della volumetria partendo dalla relazione di determinate forme geometriche, aspetto quest’ultimo che risulta molto evidente nelle ricerche più recenti.
Anche il colore, imprescindibile elemento dell’arte di Dondich, subisce un’evoluzione: partendo da una posizione di sudditanza dalle forme delle prime opere astratte, nelle quali usa preferibilmente colori diafani – marroni e grigi – e li fa espandere in due o tre sfumature per tonalità, si arriva a opere come Tesoro nascosto del 2015 dove sono i colori ad aprire la strada alla geometria, la quale si organizza in base alla loro corrispondenza nonché all’intuizione dell’artista.