Il sistema agroalimentare globale produce oggi molto più cibo rispetto a quanto ne servirebbe per sfamare l’intera popolazione mondiale, eppure l’insicurezza alimentare colpisce le grandi regioni del mondo, come Africa e Asia, dando vita a quelli che chiamiamo “paradossi” del nostro sistema alimentare. L’evoluzione delle abitudini alimentari globali sta portando a un incremento del consumo di prodotti legati alla filiera della carne, ossia quelli che incidono di più sul riscaldamento globale. Occorre promuovere diete diversificate, nutrienti e sostenibili sia nei Paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo. Se non saremo capaci di reinventare il nostro sistema agroalimentare e le abitudini di consumo, cresceranno i problemi legati all’accesso al cibo, perché già nel 2050 ci troveremo a dover nutrire 9 miliardi di persone, delle quali l’80% vivrà nelle città. L’umanità deve agire insieme e deve farlo velocemente
Lo scenario nel quale siamo chiamati a muoverci è molto ampio e complesso: il 2015 è stato l’anno più caldo dal 1850, la siccità che ha colpito le regioni del Mediterraneo Orientale nel 2012 è stata la peggiore degli ultimi 900 anni e un aumento della temperatura oltre i 2°C, che appare ormai probabile, colpirebbe gravemente la produzione di cibo in aree già in gravi difficoltà geopolitiche, come gran parte dell’Africa e il medio e vicino Oriente. Proprio per queste ragioni agricoltori, industria, politici e cittadini devono impegnarsi per preparare la società a questi cambiamenti. Ma cosa deve essere fatto per riuscire a sfamare la crescente popolazione mondiale, mitigare la pressione sulle risorse naturali, incrementare la resilienza e stabilizzare il cambiamento climatico evitando l’innalzamento delle temperature oltre 1,5°?
Agricoltura e cibo giocheranno sicuramente un ruolo notevole in questo scenario di cambiamento e nell’agenda per lo sviluppo post-2015. Gli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals – SDGs) approvati a settembre 2015 e l’Accordo di Parigi sul clima raggiunto a dicembre 2015 sono la prova di quanto si sta facendo anche a livello internazionale. Resta da capire come queste intenzioni verranno trasferite agli attori nazionali (sia pubblici che privati) che sono ampiamente responsabili dell’applicazione di ciò che è stato concordato globalmente. Un quadro nel quale si riconosce il potere regionale, come quello dell’Unione Europea, di assistere e coordinare gli impegni nazionali.