Nata come collaborazione tra l’Area industriale di Pordenone e l’Area della ricerca Cnr di Montelibretti (Roma), la sinergia tra la start-up friulana Fmp di Pordenone e i tre Istituti Cnr (Igag, Irsa e Ism) ha prodotto dei risultati molto importanti nell’ambito del recupero di scorie da siderurgia. Il processo industriale descritto in un brevetto di proprietà dell’Azienda, ha avuto bisogno del contributo dei ricercatori Cnr sia per l’approfondimento di alcuni aspetti tecnici volti al miglioramento della tecnologia sia per rendere il processo di stabilizzazione delle scorie utilizzabile nel pieno rispetto dei vincoli ambientali. Oggi il processo è in grado di isolare perfettamente la scoria e renderla simile ad un inerte in modo da poter essere utilizzata in grande quantità nei calcestruzzi e soprattutto in quelli strutturali “faccia a vista”. In tal modo si potrà evitare l’utilizzo dell’inerte naturale che norma.
La prima a credere nel metodo proposto da Fmp, è stata la Consulfin di Pordenone, advisor e promotore delle iniziative che avrebbero poi portato alla definizione del progetto in collaborazione con il Cnr, indicando le strategie da perseguire e le ricadute industriali del Progetto. La sinergia tra Consulfin e Cnr ha avuto una pratica azione a sostegno dell’iniziativa, coinvolgendo i ricercatori Cnr che hanno contribuito in maniera metodologica a valorizzare i processi industriali studiati. “Siamo molto soddisfatti dei risultati di stabilità raggiunti dalla scoria rivestita e crediamo che il contributo della ricerca nelle attività di sviluppo di piccole start-up possa sempre più trovare esempi virtuosi” dice Lino Montagner, amministratore di Consulfin.
“E’ un settore di estremo interesse, dove le competenze sono talmente specifiche che difficilmente possono essere concentrate su un’unica professionalità. Proprio questa esigenza ha richiesto una fase di coordinamento delle attività tra 3 Istituti Cnr e la nostra soddisfazione più grande risiede appunto nei risultati conseguiti”. Le scorie, una volta rivestite da una miscela di cementi economici opportunamente studiati, risulta avere le caratteristiche tipiche di un inerte naturale e possiede quindi le proprietà per un loro corretto utilizzo nella preparazione di calcestruzzi strutturali. Il manufatto finale ha proprietà di resistenza meccanica comparabile a quella ottenibile con un calcestruzzo tradizionale e senza meccanismi di rilascio di acqua, rendendo i manufatti molto stabili alle escursioni termiche.
Attualmente siamo riusciti a produrre dei calcestruzzi strutturali “faccia a vista” con percentuali di sostituzione dell’inerte naturale del 50% e comunque una sostituzione completa dell’inerte naturale per la porzione del fuso granulometrico superiore ai 4 mm. Siamo fiduciosi di arrivare ad una percentuale di scorie nei calcestruzzi strutturali del 70%-80% senza l’utilizzo di additivi chimici speciali. Un risultato inatteso agli inizi del nostro lavoro”, afferma Girolamo Belardi, ricercatore del Cnr-Igag di Roma.
“Questo metodo è molto importante perché vede la scoria non più come un problema per la tutela dell’ambiente, di cui bisogna farsi carico con un corretto smaltimento e rappresentando al tempo stesso un costo consistente nel sistema di produzione dell’acciaio. Ci troviamo, al contrario, di fronte ad una opportunità di considerare la scoria come una risorsa, in grado di preservare e conservare i siti di estrazione di ghiaia, sabbia e pietrisco che vengono continuamente depauperati, causando notevoli danni ambientali. Un danno evitabile in considerazione del fatto che la scoria rivestita ha un comportamento simile all’inerte naturale. Non più un costo ma appunto un valore nel sistema edilizio che potrebbe essere utilizzato in grandi quantità, favorendo il processo industriale per realizzare una economia circolare di grande valore” dice Diego Zonta, senior advisor di Consulfin.
La tecnologia sta già ricevendo l’attenzione di molti gruppi industriali internazionali che operano nel settore del riciclo di scorie e da parte di produttori di materiali per l’edilizia. “Una ricerca rivolta a consolidare sempre più il ruolo del Cnr a sostegno e valorizzazione delle idee ad alto contenuto tecnologico, provenienti da piccole Aziende con forte carattere innovativo, aiutandoli nella crescita e nella ottimizzazione delle metodiche. Un sostegno che frutterà ai 3 Istituti Cnr, in caso di cessione del brevetto, il 5% del valore di vendita.
Nuova linfa vitale per la ricerca e la costruzione di un nuovo modello di collaborazione con le realtà innovative di valore, sostenendo le imprese al fine di limitare gli iniziali costi di ricerca, con una condivisione completa dell’iniziativa industriale la cui ricaduta economica è fortemente legata ai risultati da raggiungere. Oggi questa nostra esperienza è una scommessa vinta e contiamo di perseguire ancora su questa strada” conclude Alessandro Soluri, ricercatore del Cnr-Ibcn e responsabile del Gruppo di trasferimento tecnologico dell’Area della ricerca di Montelibretti, il quale ha coordinato tutte le fasi di avanzamento del progetto.