La commovente composizione de La SANTISSIMA TRINITÁ raffigura Dio Padre che sorregge il corpo morto di Cristo; entrambi sono vegliati dalla colomba dello Spirito che scende dall’alto portando la luce della Grazia. Nel comporre l’immagine Mattia Preti si servì di un taglio diagonale, creando un cono prospettico che enfatizza la drammaticità della scena; le braccia aperte di Dio accolgono Cristo con un gesto che è insieme la rassegnata presa d’atto degli eventi, ma anche l’affettuosa condivisione del destino del Figlio. La costruzione in tralice consente, inoltre, di modulare gli effetti della luce con il digradare dei piani verso il fondo. Il volto del Padre o il busto ignudo di Cristo appaiono così investiti da un chiarore diffuso, mentre suggestivi effetti di chiaroscuro caratterizzano la mano destra di Dio, che quasi si perde nell’ombra, o il volto di Gesù reclinato su un lato.
“La Santissima Trinità, appare dunque come un capolavoro assolutamente compiuto della maturità dell’artista e una “possente meditazione sui misteri del sacrificio e redenzione di Cristo” come ebbe a scrivere nel 1999 John Spike, il più attento studioso della materia, nel fondamentale catalogo generale delle opere del pittore calabrese.
Alle ore 17.00, nel museo diocesano di Oppido Mamertina (Reggio Calabria), alla presenza del vescovo di Oppido Mamertina-Palmi, S.E. mons. Francesco Milito; del Segretario Regionale MiBACT per la Calabria, dottor Salvatore Patamia; del soprintendente Belle Arti e Paesaggio della Calabria, architetto Margherita Eichberg e di altre autorità, verrà inaugurata la mostra “La SANTISSIMA TRINITÁ. Un raro dipinto autografo di Mattia Preti da Malta”, che avrà prosecuzione fino al 10 dicembre 2015.
Il dipinto di Mattia Preti, giunto da Malta ed esposto per la prima volta in Italia, appositamente restaurato da Sante Guido e Giuseppe Mantella, fu realizzato nel 1671 per l’altare dedicato a San Luca nella Chiesa dei Francescani Minori a La Valletta, edificio di culto che venne interamente riedificato e decorato per volontà Gran Maestro Gregorio Carafa.
Le recenti operazioni di restauro hanno confermato l’autografia del dipinto sia per la rilevanza della qualità pittorica, che grazie al rinvenimento dell’acronimo FMP sul retro della tela. La sigla – che sta per Fra’ Mattia Preti – costituisce la firma dell’artista, cavaliere dell’Ordine Gerosolimitano. Il dipinto rappresenta un rarissimo esempio di opera autografa: le iniziali sono accompagnate da un simbolo eseguito con un’unica pennellata che ripropone il “nodo di salomone” o una elaborazione grafico-decorativa del caduceo, simbolo della medicina e possibile riferimento alla figura di san Luca, protagonista della pala maggiore dell’altare dedicato alla Confraternita degli Artisti, già esposto nel 2013 presso L’Accademia Nazionale di san Luca a Roma.
L’esposizione è a cura di Paolo Martino, Sante Guido, Giuseppe Mantella e Stefania Russo.