Le risorse marine della regione dell’Oceano Indiano Occidentale “valgono” circa 333,8 miliardi di dollari USA, ma questa ricchezza blu è a rischio in assenza di interventi concreti di conservazione. E’ quanto emerge dal report Reviving the Western Indian Ocean Economy: Actions for a Sustainable Future (Ripristinare l’economia dell’Oceano Indiano Occidentale: azioni per un futuro sostenibile) realizzato dal Boston Consulting Group (BCG), da CORDIO East Africa e dal WWF. Nello studio viene incrociata una nuova analisi economica dei beni di questa regione oceanica (tra le più ricche di biodiversità al mondo) con una revisione del suo contributo per lo sviluppo umano.
Il rapporto dimostra che i beni più importanti della regione sono l’industria ittica, le foreste di mangrovie, le praterie marine e le barriere coralline. Anche la capacità di assorbimento del carbonio da parte degli ecosistemi costieri e marini gioca un ruolo importante per il benessere delle comunità e per la salute dell’economia oceanica. L’analisi ha rilevato che la regione dipende fortemente dai beni naturali di grande valore dell’oceano e che questi già mostrano segnali di declino. Il rapporto offre una serie di azioni prioritarie per garantire un’ “economia blu” sostenibile e integrata capace di fornire cibo e mezzi di sostentamento per le popolazioni locali in crescita.
Il Direttore del WWF-Madagascar e delle Isole dell’Oceano Indiano Occidentale, Nanie Ratsifandrihamanana, ha affermato: “Questa analisi dimostra che i leader dell’Oceano Indiano Occidentale si trovano di fronte a una scelta chiara e urgente: continuare con l’assenza di interventi concreti per la conservazione delle risorse, rendendosi così responsabili del costante declino delle risorse oceaniche, oppure cogliere l’attimo e assicurare le risorse oceaniche naturali che saranno cruciali per il futuro delle comunità e delle economie della costa in velocemente rapido sviluppo. Nell’Oceano Indiano Occidentale si ha ancora la possibilità di fare la cosa giusta”.
Il rapporto dimostra che il prodotto annuale economico della regione (l’equivalente del prodotto interno lordo) è di almeno 21 miliardi di dollari, rendendo così ‘l’economia oceanica’ la quarta economia più grande della regione in quanto tale. Le attività che producono il maggior valore economico su base annua in questa eco regione sono il turismo marino e costiero, seguito dal sequestro del carbonio e dall’industria ittica2.
“L’oceano indiano occidentale con le sue isole, rappresenta uno dei principali hotspot di biodiversità del mondo, e il destino delle comunità che lo abitano dipende unicamente dalla salute degli ecosistemi costieri e delle risorse marine. Piccole comunità dedite da sempre a forme di pesca sostenibile derubate del loro futuro e del loro pescato da flotte provenienti da altri continenti – ha dichiarato Donatella Bianchi, Presidente del WWF Italia. “Questo rapporto ci indica la strada da seguire anche nel nostro Mediterraneo: contrastare lo sfruttamento eccessivo e illegale del mare, puntare sulle aree marine protette, proteggere e ripristinare gli ecosistemi marini, come le straordinarie praterie di posidonia per coniugare tutela, sviluppo sostenibile e salute degli stock ittici, e garantire dunque le basi di quella blue economy che vede tra i suoi pilastri l’industria della pesca”.
L’Oceano Indiano occidentale vive ancora condizioni relativamente buone in termini globali, ma ora si notano chiaramente i segnali dell’impatto dello sviluppo umano sulla costa, della domanda locale e globale di risorse e degli effetti del cambiamento climatico. Devono essere messe in campo azioni di conservazione più forti e a scala più alta, oltre a investimenti nella gestione, onde evitare la riduzione di queste cruciali risorse oceaniche e della zona costiera.
John Tanzer, Coordinatore per gli Oceani del WWF, conclude: “L’Oceano Indiano Occidentale deve essere una priorità per i leader regionali e mondiali per implementare con successo gli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile dell’ONU e l’Accordo sul clima siglato a Parigi. Pochi altri posti al mondo rappresentano così nettamente l’intreccio tra i destini di chi abita le coste e la salute degli ecosistemi marini”.