Ha riaperto al pubblico ieri, venerdì 12 giugno, il Museo della Cappella Sansevero di Napoli. Museo tra i più famosi e visitati della città, può essere di nuovo ammirato dopo la pausa del lockdown rispettando le regole previste dalle norme vigenti anti Covid. La riapertura al pubblico della Cappella Sansevero di Napoli, con la sua attrazione di punta il Cristo velato, rappresenta un nuovo tassello nel programma di ripresa delle attività turistiche nel capoluogo campano.
“Fiamme vaganti, luci infernali – diceva il popolo – passavano dietro gli enormi finestroni che danno, dal pianterreno, nel vico Sansevero […] Scomparivano le fiamme, si rifaceva il buio, ed ecco, romori sordi e prolungati suonavano là dentro […] Che seguiva, dunque, ne’ sotterranei del palazzo?”
Salvatore Di Giacomo, Un signore originale, da Celebrità napoletane, Trani 1896
Cappella di Sansevero di Napoli: le regole per la riapertura al pubblico
Dopo il Mann (Museo Archeologico Nazionale di Napoli), il Real Bosco di Capodimonte, il Museo Civico di Castel Nuovo, ha riaperto a Napoli il Museo della Cappella di Sansevero. Lo ha fatto ieri, 12 giugno, che è una data doppiamente simbolica per il sito artistico tra i più visitati della città. Se da un lato, infatti, la Cappella Sansevero di Napoli torna a mostrare le sue bellezze dopo la chiusura causata dal Covid, in questo stesso giorno, 30 anni fa, nel 1990, veniva riaperto al pubblico dopo un lungo lavoro di restauro. Le misure contemplate dalla Fase 2 dettano nuove regole per l’accesso al sito. Potranno entrare non più di 35 visitatori a turno (contro i 100 previsti prima della pandemia) che dovranno prenotarsi. I gruppi composti da almeno 10 persone dovranno necessariamente prenotarsi online mentre al di sotto di questo numero è possibile prenotarsi last minute presso la biglietteria del museo. In questo caso l’accesso sarà consentito compatibilmente con il flusso dei turisti. Bisognerà accedere indossando la mascherina e osservando il distanziamento sociale.
La Cappella di Sansevero: la storia
Il Museo della Cappella Sansevero è uno scrigno di tesori artistici nonché luogo ricco di significati misteriosi. È un luogo in cui arte, scienza, esoterismo e massoneria si incontrano. La chiesa di Santa Maria della Pietà o Pietatella, meglio nota come Cappella Sansevero, fu eretta alla fine del Cinquecento come atto di devozione alla Madonna che aveva avuto pietà di un uomo ingiustamente incarcerato che poi fu scagionato. Secondo altre fonti, la creazione della cappella si riferirebbe all’omicidio, commesso nel 1590 da Carlo Gesualdo da Venosa, di Maria D’Avalos, sua moglie, e di Fabrizio Carafa, suo amante. La madre di quest’ultimo avrebbe dedicato questo luogo di preghiera alla Madonna della Pietà in suffragio dell’anima del figlio.
“E il principe di Sansevero, o il ‘Principe’ per antonomasia, che cosa altro è in Napoli, per il popolino delle strade che attorniano la Cappella dei Sangro, ricolma di barocche e stupefacenti opere d’arte, se non l’incarnazione napoletana del dottor Faust o del mago salernitano Pietro Barliario, che ha fatto il patto col diavolo, ed è divenuto un quasi diavolo esso stesso, per padroneggiare i più riposti segreti della natura o compiere cose che sforzano le leggi della natura?”.
Benedetto Croce, Storie e leggende napoletane, Bari 1919.
Il Principe di Sansevero
L’immagine della Cappella, tuttavia, è legata alla figura di Raimondo di Sangro, principe di Sansevero. Il nobiluomo, mecenate, inventore, alchimista, massone e chi più ne ha, più ne metta, vissuto nel Settecento, che abbellì quello che era diventato il mausoleo di famiglia arricchendolo con opere d’arte di enorme pregio. Prima fra tutte la statua del Cristo velato: una rappresentazione marmorea di Gesù deposto dalla croce e ricoperto dal sudario. L’opera, realizzata dal giovane scultore Giuseppe Sanmartino, è di uno straordinario realismo. Un tale realismo che quasi non si riesce a credere che sia tutto marmo e che non sia piuttosto frutto di un’alchimia, di una stravaganza del principe inventore. Quante leggende circolavano sul “Principe”! Così lo chiamavano i napoletani. L’immaginario collettivo napoletano, molto vivace, era continuamente “solleticato” dalla sua inventiva, dai rumori che venivano dalle cantine dove eseguiva i suoi esperimenti. Questo e tanti altri aneddoti e meraviglie attendono i visitatori che, dopo la pausa del lockdown, torneremo a vedere in coda nel fantastico budello del centro storico di Napoli.