Uno dei più importanti artisti contemporanei incontra uno dei suoi Maestri: è questo il senso de “La regola di Piero” la grande mostra personale che, ad Arezzo dal 15 giugno 2019 al 31 gennaio 2020, presenta l’omaggio di Mimmo Paladino a Piero della Francesca.
L’arte di Paladino fonda le sue radici nella grande tradizione figurativa e filosofica italiana. Una passione che lo ha spesso portato a riscoprire le culture più diverse, alla ricerca di un confronto con gli archetipi, le matrici iconiche, le tradizioni fondanti che, dalle civiltà pre-romane al Rinascimento, hanno costellato il pensiero mediterraneo.
L’esposizione aretina, voluta dalla Fondazione Guido d’Arezzo e dal Comune di Arezzo e curata da Luigi Maria Di Corato, approfondisce il rapporto tra Paladino e una delle figure del passato che più hanno contato nella sua formazione e con la quale ha intrattenuto un dialogo costante in tutta la sua ricerca artistica: Piero della Francesca.
Una relazione riassunta dal titolo della mostra, “La regola di Piero”, che conferma quanto il pittore e matematico di Sansepolcro sia stato determinante come fonte di ispirazione non solo a livello estetico, ma anche metodologico e teorico. Un omaggio garbato che, pur svolgendosi e dipanandosi per tutta la città, non chiama mai direttamente in causa il Maestro a livello formale, ma si risolve nel manifestare una condivisione di valori, come l’incontro tra tradizione e modernità, tra razionalità ed emozione, tra luce, forma e colore, tra idealizzazione, astrazione, simbolo e realtà.
Oltre 50 le opere di Paladino esposte in un percorso itinerante che tocca sei diverse sedi espositive. I due nuclei centrali della mostra – che vede protagonista proprio la pittura e che presenta opere tridimensionali nella loro naturale vocazione pittorica – sono la Galleria comunale d’Arte Contemporanea, che torna ad offrire grandi capolavori al pubblico, e la Fortezza Medicea, recente teatro di esposizioni d’arte.
Nella Galleria sarà accolta una selezione di trentaquattro dipinti tra cui opere celebri come “Suonno. Da Piero della Francesca” del 1983 e ben due opere della serie “Il principio della prospettiva” del 1999, o il “polittico” inedito di diciotto elementi dal titolo “Santi”, realizzato dal 2016 al 2018, e che rappresenta una sorta di summa del pensiero di Paladino attorno al dipingere; sei sculture del nucleo dal titolo “Architettura” realizzate in materiali vari dal 2000 al 2002 e, tra le istallazioni, la recentissima “Senza titolo” del 2018, composta da bronzo, acqua e un magnifico video che ripercorre l’impegno di Paladino in ambito cinematografico, esposta solo a Napoli nel mese di dicembre 2018.
Nella piazza antistante la Galleria sulla quale si affaccia la Basilica di San Francesco (che conserva – nella cappella Maggiore – le Storie della Vera Croce), campeggerà un grande “obelisco” votivo. L’opera, alta oltre venti metri, è ispirata ai Gigli di Nola – macchine processionali a spalla, oggi patrimonio UNESCO – ed è formata da numeri assemblati tra loro: un “monumento temporaneo” alla matematica, ma anche alla vocazione proto-scientifica dell’Umanesimo per la ricerca dell’esattezza, di cui i trattati di Piero sono un celebre manifesto.
Per la Fortezza sono state selezionate un nucleo di opere monumentali capaci di innescare una tensione drammatica non comune con la scabra natura degli spazi. Il percorso comincia, anche in questo caso, con un’opera degli anni Ottanta: si tratta di “Senza titolo” un carro di bronzo del 1988 che trasporta venti teste, preziosi trofei di un corteo apotropaico che conducono all’interno della fortificazione. Tra le altre sculture-pittoriche monumentali presentate, spiccano i nove elementi di “Vento d’acqua”, sempre in bronzo, del 2005 già esposta al Museo di Capodimonte di Napoli e i giganteschi “Specchi ustori” realizzati nel 2017 proprio per l’esposizione bresciana del 2017.
Completano il percorso altre tre tappe fondamentali. L’istallazione dal titolo “Dormienti”, tra le opere più note e amate di Paladino, realizzata con Brian Eno nel 1999 per la Roundhouse di Londra e qui riproposta in un nuovo allestimento nella chiesa sconsacrata di Sant’Ignazio. La grande croce in foglia d’oro “Senza titolo” del 2016, rispettoso omaggio al capolavoro giovanile di Cimabue nella chiesa di San Domenico. L’istallazione di Porta Stufi dove i diciotto vessilli policromi collocati sulle mura, “Bandiere” del 2003 in alluminio, sembrano segnalare un antico trofeo lasciato sul selciato: si tratta di “Elmo”, una delle opere più note dell’artista, un bronzo del 1998, esposto nei maggiori musei del mondo, che qui, imbelle, accoglie i visitatori in arrivo o in partenza ricordando i fasti di un passato non ancora remoto.