“La regola di Piero” chiude il 2019 con oltre 32mila visitatori. È un successo straordinario quello che accompagna la mostra di Mimmo Paladino ad Arezzo, che in soli sei mesi di apertura ha fatto registrare un piccolo record di presenze.
E proprio in virtù di un così importante partecipazione la mostra, aperta lo scorso 15 giugno e prevista fino al prossimo 31 gennaio, sarà prorogata fino al 31 marzo 2020.
L’esposizione aretina, voluta dalla Fondazione Guido d’Arezzo e dal Comune di Arezzo e curata da Luigi Maria Di Corato, approfondisce il rapporto tra Paladino e una delle figure del passato che più hanno contato nella sua formazione e con la quale ha intrattenuto un dialogo costante in tutta la sua ricerca artistica: Piero della Francesca.
Ne nasce un progetto culturale complesso che ha conquistato il pubblico: “La regola di Piero”, conferma quanto il pittore e matematico di Sansepolcro sia stato determinante come fonte di ispirazione non solo a livello estetico, ma anche metodologico e teorico. Un omaggio garbato che, pur svolgendosi e dipanandosi per tutta la città, non chiama mai direttamente in causa il maestro a livello formale, ma si risolve nel manifestare una condivisione di valori, come l’incontro tra tradizione e modernità, tra razionalità ed emozione, tra luce, forma e colore, tra idealizzazione, astrazione, simbolo e realtà.
Oltre 50 le opere di Paladino esposte in un percorso itinerante che tocca cinque diverse sedi espositive. I due nuclei centrali della mostra – che vede protagonista proprio la pittura e che presenta opere tridimensionali nella loro naturale vocazione pittorica – sono la Galleria comunale d’Arte Contemporanea, che torna ad offrire grandi capolavori al pubblico, e la Fortezza Medicea, recente teatro di esposizioni d’arte.
Nella Galleria è accolta una selezione di trentaquattro dipinti – tra cui opere celebri come “Suonno. Da Piero della Francesca” del 1983 e ben due grandi quadri della serie “Il principio della prospettiva” del 1999, o il “polittico” inedito di sei elementi dal titolo “Senza titolo”, realizzato nel 2018 – che dialogano con una serie di sculture – come le cinque opere del nucleo dal titolo “Architettura” realizzate in materiali vari dal 2000 al 2002 e “Stele”, fusione in alluminio del 2000. Al centro del percorso la spettacolare istallazione Scarpette, del 2007, realizzata con ben 183 scarpe e uccellini in ghisa che si trasformano in un basso-rilevo di ben 64 metri quadri. Completa l’esposizione una sala video che ripercorre l’impegno di Paladino in ambito cinematografico
Per la Fortezza sono state selezionate un nucleo di opere monumentali capaci di innescare una tensione drammatica non comune con la scabra natura degli spazi. Il percorso comincia con la recentissima “Senza titolo” del 2018, composta da bronzo ed acqua, esposta solo a Napoli nel mese di dicembre 2018. Prosegue con “Zenith”, dodecaedro stellato in alluminio del 2001, per poi continuare con un’opera degli anni Ottanta: si tratta di “Senza titolo” un carro di bronzo del 1988 che trasporta venti teste, preziosi trofei di un corteo apotropaico che conducono all’interno della fortificazione. Tra le altre sculture-pittoriche monumentali, spiccano i nove elementi di “Vento d’acqua”, sempre in bronzo, del 2005 già esposta al Museo di Capodimonte di Napoli e i giganteschi “Specchi ustori” realizzati nel 2017 proprio per l’esposizione bresciana del 2017, oltre al grande tavolo che ospita ben 50 piccoli bronzi e alle tre nuovissime sculture a figura intera sempre “Senza titolo”, annidate nelle segrete della fortezza.
Completano il percorso altre tre tappe fondamentali. L’istallazione dal titolo “Dormienti”, tra le opere più note e amate di Paladino, realizzata con Brian Eno nel 1999 per la Roundhouse di Londra e qui riproposta in un nuovo allestimento nella chiesa sconsacrata di Sant’Ignazio. La grande croce in foglia d’oro “Senza titolo” del 2016, rispettoso omaggio al capolavoro giovanile di Cimabue nella chiesa di San Domenico. L’istallazione di Porta Stufi dove i diciotto vessilli policromi collocati sulle mura, “Bandiere” del 2003 in alluminio, sembrano segnalare un antico trofeo lasciato sul selciato: si tratta di “Elmo”, una delle opere più note dell’artista, un bronzo del 1998, esposto nei maggiori musei del mondo, che qui, imbelle, accoglie i visitatori in arrivo o in partenza ricordando i fasti di un passato non ancora remoto.