Molto si è detto nelle scorse settimane sulla legittimità d’uso del diserbante GLYPHOSATE in agricoltura. COMPAG, l’associazione nazionale dei commercianti di mezzi e prodotti per l’agricoltura, spin-off di Confcommercio che convoglia circa 8000 attività commerciali di dimensioni medio piccole, in grado di produrre il 66% del fatturato del settore privato quantificabile in 2500 milioni di euro, ha subito espresso perplessità in merito alle polemiche in corso ribadendo come la parola, libera da interessi e partitocrazie, debba essere data alla scienza e ai risultati scientifici da essa dichiarati.
Il tutto nasce dalla scadenza d’autorizzazione d’uso del Glyphosate in Europa, avvenuta il 30 giugno 2016. In seguito a ciò, la Commissione Europea ha provveduto a rivedere e a valutare la sostanza chimica per decidere se rinnovare o meno l’autorizzazione. Ha dunque dato il tempo di esprimersi ad EFSA ed ECHA, massimi organi europei di controllo. La prima a pronunciarsi è stata EFSA, la European Food Safety Agency, i cui studi hanno dichiarato il glyphosate non cancerogeno.
La Commissione europea pertanto ha prorogato l’autorizzazione fino al 31 dicembre 2017 nell’attesa del verdetto di ECHA, la European Chemicals Agency deputata allo studio delle sostanze chimiche che vengono immesse sul mercato dell’Unione Europea. ECHA ha a sua volta definito il glyphosate non cancerogeno, non mutageno (non interferisce con il patrimonio genetico di un organismo) e non tossico per la riproduzione.
“Il comparto agricolo italiano, che già oggi impiega i prodotti chimici in maniera corretta e consapevole, non si spiega il perché della polemica sull’uso del Glyphosate. L’intera comunità scientifica si trova concorde nell’affermare l’assoluta garanzia del prodotto in questione” afferma Fabio Manara, Presidente di Compag e portavoce degli associati. “A riprova di ciò, non va dimenticato che i residui di sostanze chimiche sui prodotti agricoli coltivati in Italia risultano di molto inferiori alla media della Comunità Europea, che di per sé raggiunge risultati di eccellenza. I dati ufficiali assegnano all’Italia un 1,2% di irregolarità, contro il 2,9% europeo, a testimonianza della qualità dei prodotti agroalimentari italiani e dell’oculatezza nell’uso dei prodotti chimici”.
Il quadro normativo europeo per la registrazione dei fitosanitari è noto per essere uno dei sistemi maggiormente rigorosi a livello mondiale. L’Italia, in particolare, eccelle non solo nella qualità delle produzioni, ma anche nel garantirne la salubrità, ovvero nel controllo dei fenomeni di resistenza di determinate sostanze e nel rispetto dei residui ammessi sugli alimenti.
“Togliendo il Glyphosate dal mercato” continua Manara “gli agricoltori dovrebbero in qualche modo sopperire al controllo delle malerbe, e questo avverrebbe con altri prodotti e con un maggior numero di interventi di diserbo, sia chimici che meccanici, con un conseguente aumento medio per ettaro dei costi di lavorazione del suolo agricolo e una evidente penalizzazione dello stesso, che si romperebbe e si impoverirebbe maggiormente”.
Il Glyphosate è una molecola fondamentale per l’applicazione delle tecniche di agricoltura conservativa indirizzate a contenere l’emissione di C02 nell’ambiente, migliorare il contenuto della sostanza organica e l’attività microbiologica dei terreni, e ridurre i fenomeni di erosione della parte più fertile del suolo.
Il Glyphosate pertanto, come tutte le altre sostanze regolarmente utilizzate e opportunamente verificate, deve essere ritenuto idoneo e pertanto non arbitrariamente demonizzato per rischi non comprovati.