Nel 2100 saremo 11 miliardi. 3 miliardi di persone saranno di età superiore a 60 anni. Sottovalutati dagli economisti gli effetti che il superinvecchiamento avrà sulle nostre economie e sul welfare
Secondo un rapporto delle Nazioni Unite pubblicato ieri, la popolazione mondiale, ora di 7,2 miliardi, dovrebbe raggiungere gli 8,1 miliardi nel 2025, i 9,6 miliardi nel 2050 e i 10,9 miliardi nel 2100. Le indagini statistiche sugli effetti della maggior presenza di super anziani prevedono che il numero di persone di 60 anni e più triplicheranno entro il 2100 . Questa tendenza è ancora più marcata nei paesi in via di sviluppo a causa del calo della fertilità e l’aumento dell’aspettativa di vita (81 anni al 2095, contro i 89 anni nei paesi ricchi). La proporzione di anziani nei paesi in via di sviluppo aumenterà dal 9% di oggi al 19% nel 2050 e al 27% nel 2100 (contro il 22% dei bambini sotto i 15 anni). Secondo la ricerca già da qui al 2050 le persone con oltre 90 anni d’età saranno, infatti, destinate a crescere di ben sette volte (830 milioni contro i 120 milioni di oggi) e due terzi vivranno nei paesi in via di sviluppo.Tali previsioni sono state riviste al rialzo dai dati precedenti a partire dal 2010 (che proiettato 9,3 miliardi nel 2050 e 10,1 miliardi dollari nel 2100) a causa di un aumento della fertilità in Africa sub-sahariana. Secondo il rapporto, “Mondo Prospettive della Popolazione, 2012 Revisione”, è l’Africa che fornirà più della metà della crescita della popolazione mondiale da 1100 a 2400 milioni nel 2050 e a 4,2 miliardi nel 2100. La popolazione mondiale in base alle previsioni demografiche è prevista in aumento del 10% tra il 2013 e il 2100, mentre la popolazione europea diminuirà del 14%. Le aree del mondo dove si concentrerà il maggior numero di ultracentenari saranno Europa e in Asia, mentre la Svizzera e il Giappone restano e resteranno i leader della classifica mondiale degli stati con la più elevata aspettativa di vita alla nascita. Nonostante questi dati previsionali, a tutt’oggi gli studi sulla qualità della vita e sulla salute fisica e mentale a quelle età sono pressoché all’anno “zero” anche in considerazione del fatto che sino a pochi decenni or sono le persone che superavano l’asticella dei 90 anni erano relativamente poche, con la conseguenza che sono scarsi i rilievi sul tema, a cui si unisce un altro dato non irrilevante relativo all’inaffidabilità dei registri anagrafici precedenti alla seconda guerra mondiale. Un altro aspetto, che riteniamo venga sottovalutato dagli economisti anche in virtù dei problemi già sottolineati, è relativo alla carenza di previsioni sugli effetti che il super invecchiamento avrà sulle nostre economie e sul welfare dei singoli stati, poiché ad un progressivo invecchiamento corrispondono inevitabilmente diverse esigenze e bisogni per la cittadinanza. Non resta che spronare economisti e statistici a farci conoscere cosa ci accadrà per prevenire i rischi di sgretolamento dello stato sociale.