Mauro Di Girolamo, giovane pittore palermitano (nato nel 1984), dipinge nei suoi coloratissimi, straordinari quadri un incrocio di culture e di mondi dove ha scelto di vivere, dal quale trae immagini ispirate e pregnanti di una realtà in continua evoluzione. Completati gli studi di specializzazione all’Accademia di Belle Arti di Palermo (2008, Diploma di Laurea di secondo livello in Pittura) Mauro inizia un’incessante attività pittorica, che lo porta ancor prima che trentenne, a confrontarsi con artisti di livello nazionale ed internazionale.
La Palermo dei suoi quadri è un luogo da sempre crocevia della Storia, una casbah multicolore, vibrante di vita dove Oriente e Occidente si incontrano, dove le culture intrecciano consueti e insieme inusitati legami, dove l’artista riporta le sue esperienze di viaggio: i colori della Spagna che ama e dove ha esposto le sue opere, le suggestioni dell’America latina dove trova nel muralismo sudamericano quel forte impulso sociale che insieme ad un alto cromatismo è parte integrante della sua poetica e che, come egli stesso dice, non trova molto credito attualmente in Italia nelle opere delle giovani generazioni di artisti.
Valencia e Siviglia gli hanno regalato quelle sue donne speciali che occhieggiano da terrazze affacciate sul mare, dagli occhi di bistro, le vesti multicolori, il flamenco nelle reni vibranti; allo stesso tempo donne da mille e una notte, l’andare di Sheherazade e delle popolane di Palermo si somiglia nel modo in cui la bellezza e la sensualità si respirano nella loro pelle, nella postura dei corpi.
I luoghi non sono mai sfondo ma itinerari, domande poste al presente, rappresentazioni realistiche e magiche insieme di un’umanità di cui il pittore partecipa e di cui si fa carico.
La pittura nei suoi quadri non è solo rappresentazione, ma domande appassionate e esatte del perché la bellezza e il dolore si intreccino in quel modo, sui volti, sui corpi, domande sull’identità, sulle origini, sulle connessioni del vivere. Mauro ha scelto di vivere nella sua città, in un quartiere del centro storico in parziale degrado, dove le case hanno perso valore perché ci vivono molti emigrati, un crogiolo di genti e culture che al contrario lo stimolano e lo seducono. Mi ha detto che non c’è luogo nella città dove si senta più palermitano e insieme cittadino del mondo, in un’identità ricostruita non sulla difesa di muri di esclusione, ma nell’accettazione del vitale contributo dello scambio, della condivisione, dell’ esaltazione stimolante delle differenze.
Per questo la pittura di Mauro è anche una pittura etica che attraverso la bellezza, la struttura, le dimensioni, l’impasto dei colori ci propone una visione aperta, libera del mondo complesso in cui viviamo. Mauro dipinge soprattutto gente, i suoi quadri sono saturi di volti, di corpi che non hanno paura di toccarsi, di fondersi l’uno nell’altro, in una contaminazione suggestiva e virtuosistica delle forme, dei colori, delle prospettive, portano tracce sedimentate e originalmente riproposte degli antichi maestri, da Caravaggio a Picasso, da Gauguin a Freud, da Attardi a Guttuso.
Pensiamo a un quadro come la sua Vucciria, esposto accanto alla famosa Vucciria di Guttuso, una sfida superba sembrerebbe all’antico maestro, al contrario invece apre un profondo dialogo con lui, mostrandoci, nell’eco appena citato dell’antico mercato guttusiano, la differente realtà dell’oggi, le cui contraddizioni e caratteristiche, così come l’affascinante mescolarsi di etnie, non potevano essere neppure immaginate da Guttuso. Mauro canta la Sicilia, i suoi colori, le sue atmosfere, il Mediterraneo su cui si affaccia e in esso miracolosamente canta tutti quelli che dello stesso mare sono figli, non importa la nazionalità, il colore della pelle, il cibo che mangiano, il Dio in cui credono.
La sua terra gli ha regalato quei gialli solari, quelli azzurri smaltati, quei rossi delle cupole arabe che definiscono la città e che egli dipinge come sipari suggestivi dell’invisibile che si cela dietro il rutilante trionfo delle luci e dei colori. Ma la sua terra è un intero continente, è la Magna Grecia, la corte di Federico II, l’arte arabo-normanna, il paese di un Risorgimento Italiano fallito al Sud e diventato “Mezzogiorno” nelle Cronache parlamentari. Qui si balla il flamenco e la danza del ventre negli stessi cortili, qui una multiculturalità pressante si è fatta strada e chiede dignità, qui oggi fatiscenti barconi di disperati dalle coste africane approdano in Sicilia cercando un futuro.
Mauro li ha dipinti in un’opera che si chiama “La zattera di Lampedusa”, dove un blu freddo e livido riduce il mare del mito e delle odissee ad un cimitero di naufraghi, sotto un cielo scarlatto che copre nella parte alta del quadro, come una cappa di sventura, il gommone sottostante carico di emigranti. Per tutta la grande superficie restante del dipinto, che qui presentiamo sezionato in tre parti, ci viene mostrato l’abisso dove, in una luce spietata che non nasconde nulla, i corpi degli annegati aspettano che subacquei attoniti li recuperino. È l’epica di una reiterata tragedia che ha reso il Mediterraneo un mare di morte, raccontata con la violenza spietata del colore e di una verticale composizione che dilata a dismisura ogni elemento compositivo e concettuale.
I quadri di Mauro Di Girolamo si aprono su questo teatro drammatico, intenso di vicende, di cultura, di passioni, allegrie e orrori, intrecci sapienti, in una gamma esperta di tecniche, dalla pittura ad olio all’acquerello alla tempera, mischiandole spesso su differenti supporti, tradizionali come le tele o moderni come il plexigas, a volte con abilità figurativa, altre al limite dell’astratto, usando il colore in tratti che possono essere impalpabili quasi o con una densità materica che rende la pittura tridimensionale. Nel cuore di questa complessità concettuale e stilistica il pittore ci proietta sulle sue tele, trasformandoci in sedotti testimoni delle piccole storie e della grande Storia, in ammiratori entusiasti del suo dipingere, in partecipi attori della sua stessa passione del vivere.
Prossimamente Mauro Di Girolamo esporrà la sua “Vucciria” alla sala G. Cavaretta del Convento del Carmine a Marsala dal 25 marzo 2017, alle ore 18.