Tra il III e il IV d.C. secolo mentre la popolazione cinese affrontava un periodo di forte crisi dei propri valori tradizionali, un religione proveniente dall’India si diramava in tutta la nazione cinese, che già di per sé non mancava certo di tradizioni spirituali e filosofiche autoctone, era il Buddhismo, religione oggi conosciuta e praticata in tutto il mondo.
Questa religione entrata in Cina già nel I secolo d.C. aveva origini ben più antiche rispetto al suo arrivo nel paese cinese, infatti la sua nascita viene fatta risalire a Gautama Sakyamuni nato probabilmente nel anno 560 a.C. e molto più noto con il titolo di “buddha” (risvegliato), che secondo la tradizione, dopo una vita vissuta con innumerevoli privilegi e ricchezze, decise di abbandonare tutto per dedicarsi unicamente ad un percorso ascetico, fu grazie a questa scelta che raggiunse “l’illuminazione”, che lo portò a far conoscere il suo metodo di ricerca spirituale, che permetteva a ogni individuo di raggiungere la salvezza da un mondo fatto di illusione (maya), che non può altro che portare alla sofferenza, incatenando l’uomo in un ciclo infinito di nascite e morti, per evitare questa prigonia karmica era essenziale abbandonare ogni desiderio.
Il messaggio di salvezza universale buddhista colpì enormemente la sensibilità dei cinesi, tant’è che man mano e sopratutto in epoca Tang (618 – 907), si integrò perfettamente con la cultura cinese, questo avvenne anche perché alcuni concetti buddhisti non erano totalmente estranei alla popolazione cinese grazie alla diffusione della religione taoista, che presentava delle similitudini nei confronti della religione indiana. Tuttavia, com’è facile immaginare, la religione avviata da Sakyamuni incontrò delle difficoltà per riuscire ad essere accettata dalla popolazione, tale difficoltà era dovuta principalmente alla caratteristica buddhista di prediligere una vita monastica per realizzare l’ottenimento dell’illuminazione, questo comportava l’adozione di una vita povera e celibe, ma a scontrarsi con la civiltà cinese era in particolar modo l’obbligo per chi scegliesse di seguire la vita monastica di lasciare le famiglie.
La leggenda fa risalire la nascita del buddhismo in Cina in epoca Han, quando l’imperatore Ming che regnò tra il 58 e il 75 d.C. Sognò una divinità d’oro che volava d’avanti al suo palazzo reale. Questa divinità fu identificata come il Buddha, per questo furono inviati degli emissari verso l’occidente per saperne di più, successivamente sarebbe stato costruito nella città di Louyang il monastero del cavallo bianco.
Già dai primi secoli in cui il buddhismo entrò in Cina dovette adeguarsi alle vicende politiche cinesi. Quando la Cina si divise in dinastie del nord e dinastie del sud, il buddhismo fu come diviso in due fazioni, in quella formata nel nord della Cina, dove regnavano governatori non cinesi, il buddhismo ebbe una forte presa popolare, anche perché molto promosso dalla dinastia non cinese che aveva interessi nel diffondere una dottrina non facente parte della storia culturale della Cina. Nel nord il buddhismo ispirava meno interesse per le questioni letterarie ma in compenso i monaci venivano trattati con profonda stima. Nel sud invece dove si spostarono i regnanti cinesi, si forma un buddhismo fortemente intellettuale, che si integra con la cultura tradizionale cinese e partecipa ai dibattiti di natura metafisica tipici della cultura cinese.
La storia del buddhismo in Cina ha una storia così vasta e interessante che sarebbe impossibile da approfondire brevemente, molte personalità di cinesi buddhisti meriterebbero un interesse specifico, questi hanno contribuito enormemente a far conoscere il buddhismo cinese in tutto mondo.