Ed è proprio di omicidi che mi occupo da un poco di tempo. No, non sono un poliziotto, né un investigatore. È che negli ultimi anni sono uscito poco di casa – sapete, quella faccenda della pandemia per me è stata un incentivo. In realtà ho dato un alibi perfetto alla mia sociopatia conclamata, ma già in passato non usavo bazzicare le discoteche nei weekend, e neanche il genere umano -.
Quindi, ho usato il tempo a mia disposizione per approfondire, a modo mio logicamente, il rapporto con tutti i miei vicini; grazie ad una ditta gestita da un tizio compiacente che mi doveva un paio di favori – fidanzate minorenni, interruzioni di gravidanze indesiderate, cose così – ho fatto installare un raffinato e invisibile sistema di telecamere in ogni anfratto del fabbricato.
Sono rimasto tanto sorpreso quanto affascinato, per cui sento che sia giusto condividere quello che ho scoperto. Cosa volete, sono un sociopatico piuttosto empatico, per quanto dalla personalità bipolare, me lo dico spesso tra me e noi.
Tra l’altro, e questa è una piccola anticipazione, chi arriverà al termine di questa lettura riceverà sulla propria casella di posta elettronica un codice grazie al quale potrà votare da casa chi sarà il prescelto.
Proprio così, il prescelto, una persona residente in questo condominio che provvederò personalmente ad ammazzare. Lo faccio per ravvivare l’atmosfera; Dio, se sono noiosi: mai una festa da spiare, un matrimonio da mancare, un addio alla verginità da celebrare. Non posso sempre mica contare su Petunia!
Quindi, iniziano le selezioni.
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Le pareti sottili del fabbricato presentano una serie di vantaggi, e chi dice il contrario o è un mentitore seriale o è il malato di porno che abita al terzo piano, che è un mentitore seriale.
Il vantaggio più importante è che, anche senza telecamere, le pareti mi aiutano a individuare meglio le persone ricattabili, come la coppia del primo piano.
Adoro le persone ricattabili come loro, sapete? Ci tengono ad apparire come dei supereroi accessibili; almeno, a giudicare dalla loro immagine pubblica sui social.
Di solito si dichiarano amanti del cibo, del buon vino, in generale della vita; nelle foto iperfiltrate li vedi brindare, in luoghi di lusso, circondati da gente insulsa come loro che sorride senza motivo. Sfoggiano apprezzabili abbronzature, pettorali interessanti, e indossano camicie bianche button down (vuol dire sbottonate, ma loro scrivono button down dopo averne scoperto il significato su Google).
Di fronte a tanta ipocrisia posso solo rispondere: un beatissimo cazzo. Sono la coppia peggio assortita che abbia mai spiato.
Vedo lui, quando non deve trattenere la pancia a favore di cellulare, con una logora maglietta della salute “Fruit of the loom” del 1987; vedo lei, acida e frigida – sui social si dipinge come una novella Crudelia Demon, ma assomiglia più a Maga Magò – uscire dal supermercato sotto casa e dalle buste sbrindellate fa capolino tutta la realtà che si possono permettere; tutta.
Passi per il pomodoro proveniente dalla Cina spacciato per italiano – la bottiglia da 600 ml costa, senza promozioni, 68 centesimi, una somma troppo bassa persino per la nostra tanto decantata malavita locale, i cui modelli economico – finanziari sono stati di recente utilizzati come “case history” in una Facoltà universitaria di Commercio Internazionale in Lettonia.
(Bella città, Riga: una volta avvertivi nell’aria quel bell’odore di povertà che consentiva anche al più spiantato dei nostri connazionali di caricarsi dei mignottoni da paura con poco. Adesso è tutto cambiato, i mignottoni hanno il pos e l’Università è frequentata dai figli dei funzionari governativi locali, una pletora di disagiati che nel giro di pochi anni diventerà la classe dirigente che terminerà l’opera di distruzione del pianeta avviata dai loro genitori, e lo farà col sorriso dei giusti sulle loro labbra.)
Passi anche per i biscotti “flavoured chocolate”, cioè all’aroma di cioccolato, agglomerati di farine e grassi idrogenati di incerta qualità, additivi elencati in maniera approssimativa, e qualsiasi ingrediente chimico che non abbia a che fare neanche per errore con il cacao.
Se avete una allergia, una a caso, non avvicinatevi mai a questi biscotti, se vorrete raccontare un giorno ai vostri nipoti una favola della buonanotte.
E passi – persino – per il prosciutto cotto in offerta a 9.90 il chilo, simile al bolo che si genera quando mastichiamo, dall’inconfondibile colore marrone scuro, composto per il 40% da grasso acido, per il 30% da polvere di granodiorite, per il restante dalle viscere di una povera bestia, recuperata da una clinica svizzera specializzata nel suicidio assistito.
Ma la miseria, la vera miseria, la cogli nella carta igienica. Rotoli di colore grigio antracite, che si sfaldano al solo contatto con l’aria; per dare loro un minimo di dignità, ma giusto un minimo sindacale che consenta di non lasciare residui attaccati nelle parti più recondite del nostro corpo, servirebbe dotare questi rotoli di un poco di cellulosa. Un poco, non tanto.
Non sarà comunque un problema, per questa coppia, pulirsi con le mani al posto della carta igienica: al limite migliorerà il loro odore di base.
I due del primo piano sono i primi indiziati a morire; ne sento i passi quando salgono con affanno le scale; hanno delle scarpe così consumate che mi sembra di captare anche il rumore delle loro suole consunte che strisciano con il pavimento. Sono poveri, fingono di non esserlo, ma la loro miseria mi disturba più di quella dei mendicanti.
Si, fanno abbastanza schifo. Ma c’è qualcuno che, nel mio personalissimo cartellino, ha quel quid in più. I vecchi con la sciatica dell’ultimo piano.
Ogni riferimento, all’interno del racconto, a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale
Foto di copertina generata con Copilot per Cinque Colonne Magazine