Dal 12 settembre 2021 al 9 gennaio 2022 a Lugano, la Collezione Giancarlo e Danna Olgiati, proseguendo il lavoro di ricerca e presentazione della loro raccolta, dedica a Pietro Consagra una retrospettiva a cura di Alberto Salvadori in collaborazione con l’Archivio Consagra. La mostra nasce come naturale continuità della lunga conoscenza, forte amicizia, condivisione di intenti e amore per l’arte dei due collezionisti con l’artista siciliano e dalla volontà di celebrarne il centenario dalla nascita, che cadeva nel 2020.
La mostra Pietro Consagra. La materia poteva non esserci è la prima dedicata all’artista in un’istituzione pubblica svizzera. Il rapporto dialettico con l’altro, al centro della ricerca – fin dalla serie dei Colloqui (dal 1952) – la frontalità della visione e le sue mutevoli interpretazioni e il tema della città come luogo di pensiero e relazione con il vissuto, costituiscono il fulcro del progetto espositivo e del lavoro di Consagra presentato presso la Collezione Olgiati.
La mostra, attraversando l’opera dell’artista dagli anni ‘50 fino ai primi ’70, pone in evidenza come il suo contributo non sia stato di fatto formale ma direzionato verso una partecipazione, anche critica, alla società nella quale ha vissuto e lavorato. Le sessantaquattro opere in mostra testimoniano come, in maniera germinale prima e consolidata poi, Consagra ha tenuto sempre al centro della sua ricerca una forte attenzione per il valore dell’uomo e dell’arte al fine di costruire una società migliore. Consagra è uno dei rari artisti del ‘900 ad avere toccato tutti gli aspetti della creazione artistica: ha dipinto, scolpito, disegnato, creato gioielli, arredi e architetture urbane; ha sperimentato tecniche differenti su numerosi materiali, ha scritto molto, con raffinata vis polemica. La sintesi concettuale di tale percorso si può ravvisare nel titolo di una sua opera, in cemento armato, realizzata in Sicilia alla foce di una secca fiumara La materia poteva non esserci, come a ribadire quanto importante fosse il percorso che dall’idea passa per il concetto e finisce nel rapporto dialogico con la comunità. Tutte le materie sono state buone per lui; non ha distinto nel suo essere artista e fare arte per una di esse, non ha prediletto il rapporto con la materia per fini legati alla ricerca della forma.
Il tema della frontalità, persistente nella sua opera, ha escluso dalla scultura problemi e tematiche tradizionali della scultura come il volume e la massa, precipui dell’oggetto. In mostra sono presenti alcuni dei più importanti Colloqui e una selezione delle opere fondamentali degli anni ’50 in ferro, bronzo, acciaio e legno bruciato e numerosi ferri trasparenti. I Colloqui aprono la stagione mai chiusa del grande tema concettuale nel quale la forma libera e fantastica creava la presenza, parola chiave per entrare nel mondo di Consagra. Nessun processo di mimesis, nessuna persistenza del reale, ma una eco che va creando le forme nelle sue sculture dirigendoci verso quell’umanità presentata nel più semplice e complesso dei suoi rapporti: un dialogo, un colloquio… il parlare insieme… il tutto abbandonando per sempre qualsiasi intento narrativo o descrittivo. I Colloqui abitano lo spazio, loro condizione esistenziale e non la cornice. Sono una forma ecologica, una presenza in un ambiente.
La ricerca interiore compiuta sui legni bruciati, ferro e bronzo, è sempre stata accompagnata da una tecnica superba, mai una défaillance negli accostamenti, negli assemblaggi, nelle fusioni, nelle variazioni della materia. Si tratta di una tecnica, unita da un sapiente uso, di un mezzo potenzialmente aggressivo e invece, se utilizzato come ha fatto Consagra, fortemente espressivo e poetico come la fiamma ossidrica.
I ferri trasparenti, poi, si presentano come un’immagine a due facce, non rispettano più l’impianto quadrangolare e sono dominati da una linea curva che spezzandosi continuamente si ricongiunge. I ferri sono mossi da un incalzante, a tratti frenetico, ritmo interiore e da movimenti leggeri resi leggiadri dal colore, dai toni immaginifici e non naturalistici. Si mantiene forte il rapporto tra segno e disegno, testimoniato in mostra dalla presenza di alcuni esempi, compresi preziosi spolveri provenienti dall’archivio dell’artista. I ferri trasparenti costituiscono uno spazio originario, di germinazione, dove alle forme della natura e alla loro contemplazione l’arte reagisce con la propria artificialità.
“L’arte è l’alternativa non il rifugio della natura. L’arte non è più un servizio di Potere, è un modo di vivere, un obiettivo un esempio, un aiuto. La natura può solo assorbirci, isolarci, toglierci dal giro, mantenerci nel fallimento, nella frustrazione dei rapporti umani. Più la natura può apparire un probabile asilo, più la città corre verso la rovina dell’uomo. Se noi ci rifugiamo nella natura portiamo con noi le armi distruttive della città attuale e disseminiamo la corruzione del nostro senso del bene. Non dobbiamo andare verso la natura mentre dobbiamo andare verso la città”. Era presente fin dagli anni ’60 in Consagra la consapevolezza di come la natura non potesse essere un alibi, un ideale rifugio, un luogo da mitizzare o definire come desiderabile, seguendo l’odierna narrativa sul valore dei piccoli borghi e del cosiddetto countryside nella sua accezione di luogo di rifugio o di mitica innocenza.