Già dal primo secolo, esisteva a Mergellina una operosa comunità di pescatori ed è a questi pescatori che in un imprecisato otto settembre, mentre su Napoli e sul golfo infuria la tempesta, viene in soccorso la Madonna, invocata in loro salvazione. La stessa che Frate Bernardino attraversando la navata della chiesa, non trova nell’edicola dove era posta. La vede, però rientrare, col mantello zuppo d’acqua e riprendere il suo posto zoppicante. Nella furia della tempesta e camminando nella sabbia, aveva perso una scarpetta, che verrà poi ritrovata dai fedeli che scavando in quel punto trovano una statua lignea di una Madonna con bambino che da subito diviene oggetto di devozione popolare e ancora la si può ammirare sull’altare a lei dedicato nella Chiesa di Piedigrotta.
A questo racconto mitologico si fa risalire la nascita del culto della Madonna di Piedigrotta, da sempre oggetto di un culto popolare massiccio, tanto che la maggior parte delle edicole votive disseminate per la città sono a Lei dedicate. Sarebbe sbagliato, considerare la nascita e l’affermarsi di questo culto come il risultato di un incontro casuale e miracoloso tra il sacro e il quotidiano.
Napoli è ed è sempre stata una città stratificata, dove si vede una cosa, ve ne sono altre cento e anche solo a soffermarsi, senza scavare troppo, se ne intravedono le moltitudini. Il luogo dove dal 1352 si erge la Chiesa di Santa Maria di Piedigrotta era già sede di un precedente edificio dedicato alla Madonna dell’Annunciazione o dell’Idria, raffigurata col bambino in braccio e posta tra due idrie, due vasi per portare acqua. Prima ancora però, il luogo era sede di un sacello dedicato a Priapo e al quale si dedicavano baccanali, orge e canti che si svolgevano nelle grotte delle quali il luogo è pieno. I baccanali cominciavano all’imbrunire, per protrarsi, poi, per tutta la notte e per giorni.
Questi sono anche i luoghi ove Petronio ha ambientato la scena dove i protagonisti del “ Satirycon “ assistono a un culto priapico, nella Crypta Neapoltana. Proprio ai piedi della galleria scavata nel I secolo a. C sotto la grotta di Posillipo per accorciare le distanze tra Napoli e Pozzuoli, si teneva, fino agli anni ‘70 del secolo scorso, la più imponente e sentita manifestazione popolare partenopea: “la festa in onore della Madonna di Piedigrotta” In questo universo stratificato la sovrapposizione e l’assorbimento dei culti non è riuscito a far scomparire del tutto l’afflato carnascialesco e da baccanale associato alla ricorrenza.
La ricorrenza della festa di Piedigrotta, era occasione per festeggiamenti che si protraevano per giorni, paralizzando quasi la città, con sfilate di carri, gare canore, rappresentazioni, parate militari e civili e soprattutto sfottò generalizzati, che causavano spesso risse. Fino agli anni ’70, prima del suo declino e definitiva scomparsa, la Festa di Piedigrotta è stata celebrata da musicisti, classici e popolari, dal Teatro e soprattutto dal “ Festival della Canzone Napoletana” che si svolgeva proprio in quei giorni, eredità sbiadita dai secoli dei “ ludi fescennini” che si tenevano in onore di Priapo, nell’antichità. Era il Carnevale dei bambini napoletanie che andavano in giro indossando vestitini di carta crespa e ai quali venivano regalati dolciumi e frutta candita, mentre gli adulti con strumenti provenienti dal passato: trombette di latta, triccabballache, putipù e ogni altro aggeggio atto a fare rumore, rompevano i timpani ai malcapitati che transitavano nelle vicinanze.
I quartieri venivano addobbati con portali di luminarie e il corteo dei carri, percorreva tutta la città. Questo era quello che succedeva all’aperto. Nelle grotte e negli anfratti tornavano ancora, prepotentemente, Dioniso e Priapo e ristabilivano il primato della carne e l’abbandono all’estasi carnale. Clandestinamente, e per gli occhi di pochi, nelle grotte si dava di nuovo vita al paganesimo più sfrenato. Gruppi di femminielli, sacri a Demetra e forma naturale dell’androginia che percorre questi luoghi, suonavano le tammorre e le nacchere, conducendo al deliquio e alla perdita di sé, chi se ne volesse perdere.
La notte passava tra ritmi antichi e sfrenati, fino al compimento della magia suprema: il parto del femminella “ ‘a sgravata do’ femmeniello “ Chi per natura era nato femmina ma in un corpo maschile, provava, nella febbre dionisiaca, i dolori del parto e dava “ vita “ al suo desiderio, perdendo il suo maschile e esaltando al massimo grado, il suo femminile. Compiendo e realizzando lo stesso desiderio delle donne che si recavano a Piedigrotta a invocare la felicità di una gravidanza e la salute nel parto. Testimonianze di queste orge, sono rintracciabili oltre che nel “ Satyricon “ nel romanzo “ La Pelle “ di Curzio Malaparte e anche in alcuni brani del film omonimo della Cavani. Anche il regista Ferzan Ozpeteck ha aperto il suo film “ Napoli Velata “ con la rappresentazione di un parto di femminiello Non è escluso che stante la decadenza della festa di Piedigrotta, le orge e i parti, non vengano ancora rappresentati, nella clandestinità.
Dioniso non è un dio che si fa guardare. In tutto questo raccontare, non abbiamo dimenticato la scarpetta persa dalla Madonna. Ebbene quella scarpetta, ha viaggiato nel tempo prima di perdersi di nuovo e finalmente ritrovata a Napoli. Fu persa dall’etera Rodope nell’Egitto della XXVI dinastia, poi da Yen-Shen nel IX secolo in Cina e infine dalla Jatta Cenerella o Gatta Cenerentola, nel “ Cunto de li cunti” nel 1636. Ripulita per le orecchie del Re di Francia da Perrault e banalizzata da Disney per i bambini di tutto il mondo. Perché c’è sempre da qualche parte nel mondo una Madonna che perde una scarpetta e c’è sempre, angariata e sottomessa una Cenerentola che spera di avere il piede giusto per quella scarpa e di riscattare la sua vita di stenti. Ed è per questo quando Pino Daniele conquistò Piazza del Plebiscito in quel settembre 1981 tutti cantavamo a squarciagola: “ Have you see my shoes, honey? “.