Dalla lotta alla contraffazione e alla falsificazione dei prodotti alimentari italiani di qualità potrebbero nascere trecentomila nuovi posti di lavoro. E’ quanto afferma il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo in occasione della presentazione del XIII Rapporto sulle produzioni agroalimentari e vitivinicole a denominazioni di origine.
Questi prodotti sono stati determinanti nel consentire all’Italia di raggiungere nel 2015 il record storico delle esportazioni agroalimentari di 36,8 miliardi dei quali ben il 20% è realizzato proprio dai prodotti alimentari dop/Igp e i dai vini doc/docg Ipg. “Un risultato che potrebbe migliorare considerevolmente poiché due prodotti alimentari di tipo italiano su tre in vendita sul mercato internazionale sono il risultato dell’agropirateria internazionale che sul falso Made in Italy fattura 60 miliardi di euro nel mondo” ha denunciato Moncalvo.
In testa alla classifica dei prodotti più taroccati ci sono i formaggi a partire dal Parmigiano Reggiano e dal Grana Padano che ad esempio negli Stati Uniti in quasi nove casi su dieci sono sostituiti dal Parmesan prodotto in Wisconsin o in California. Ma anche il Provolone, il Gorgonzola, il pecorino Romano, l’Asiago o la Fontina.
Poi ci sono i nostri salumi più prestigiosi dal Parma al San Daniele che spesso “clonati” ma anche gli extravergine di oliva e le conserve come il pomodoro san Marzano che viene prodotto in California e venduto in tutti gli Stati Uniti. La produzione annuale di imitazioni dei formaggi italiani ha raggiunto negli Usa il quantitativo record di quasi 2228 milioni di chili, con una crescita esponenziale negli ultimi 30 anni, tanto da aver superato addirittura la stessa produzione di formaggi americani come Cheddar, Colby, Monterrey e Jack.
Tra i formaggi italiani Made in Usa più gettonati ci sono la mozzarella (79 per cento), il Provolone (7 per cento) e il Parmesan (6 per cento), con quasi 2/3 della produzione realizzata in California e Wisconsin mentre lo Stato di New York si colloca al terzo posto. Uno scippo che riguarda anche denominazioni tutelate dall’Unione Europea con la produzione di Parmesan statunitense che ha raggiunto i 144 milioni di chili, circa la metà di quello originale realizzata in Italia.
Se gli Stati Uniti sono i “leader” della falsificazione, le imitazioni dei formaggi italiani sono molto diffuse dall’Australia al Sud America, ma anche sul mercato europeo e nei Paesi emergenti, dove spesso il falso è arrivato prima delle produzioni originali. In questo contesto è particolarmente significativo il primo piano per l’export che prevede per la prima volta azioni istituzionali di contrasto all’italian sounding.
A questa realtà se ne aggiunge però una ancora piu` insidiosa: quella dell’italian sounding di matrice italiana, che importa materia prima dai paesi piu` svariati, la trasforma e ne ricava prodotti che successivamente vende come italiani senza lasciare traccia, attraverso un meccanismo di dumping che danneggia e incrina il vero Made in Italy’, perché non esiste ancora per tutti gli alimenti l‘obbligo di indicare la provenienza in etichetta”.